Autarchia musicale made in UK

Dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, prevale il pessimismo fra i musicisti che si attendono un peggioramento delle condizioni economiche

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Manifestazione No Brexit
Manifestazione No Brexit

C’è chi la vede come un’opportunità per gli artisti britannici per il protezionismo conseguente alla recente uscita del Regno Unito dall’Unione Europea ma anche dalla limitazione dei viaggi imposti dalla pandemia. È il caso del critico musicale inglese Norman Lebrecht, che in un articolo per The Spectator si interroga se la situazione attuale non possa invertire il trend esterofilo delle orchestre britanniche a tutto vantaggio di un suono meno “global”, e non aprire prospettive lavorative a molti giovani cantanti britannici attualmente penalizzati dalle scelte artistiche dei grandi teatri nazionali, come il Covent Garden, che alla fine della seconda guerra mondiale si vide costretto a investire soprattutto su talenti locali destinati a diventare star internazionali.

C’è chi, invece, teme il peggio e addirittura lascia il paese, come Simon Rattle, già fortemente pessimista sulle conseguenze della Brexit sulla vita culturale del suo paese, che alla London Symphony Orchestra ha preferito l’Orchestra Sinfonica della Radiotelevisione bavarese oltre a fare richiesta ed ottenere il passaporto tedesco. Ed è di pochi giorni fa la notizia che anche la lituana Mirga Gražinyte-Tyla lascerà in anticipo la guida della City of Birmingham Symphony Orchestra nell’estate del 2022 per diventarne direttore ospite principale. Anche se la giovane direttrice d’orchestra ha spiegato che si tratta di “motivi profondamente personali” e dichiarato di voler concentrarsi su attività puramente musicali rinunciando alle incombenze amministrative dell’incarico di direttore musicale, un meno ottimista Norman Lebrecht nella rivista The Spectator si domanda se le orchestre britanniche sopravviveranno all’esodo legato alla Brexit. Lebrecht ricorda anche le recenti dure parole di Antonio Pappano, direttore musicale della Royal Opera House, secondo cui la situazione nel paese sarebbe “sempre più orribile”, e che il neodirettore della Royal Liverpool Philharmonic Orchestra, il russo Vasilij Petrenko con passaporto britannico, ha da poco accettato l’incarico di direttore principale dell’Orchestra Sinfonica della Federazione Russa, incarico che assomma a quelli di direttore principale della European Union Youth Orchestra e di direttore musicale della Filarmonica di Oslo.

Un pessimismo diffuso nel mondo musicale britannico emerge anche da una recente indagine condotta su 452 musicisti da Encore Musicians, una piattaforma online per l’acquisto di prestazioni musicali in festival, matrimoni, feste di compleanno o feste aziendali, alle quale sono iscritti circa 42 mila performer. Dal sondaggio emerge che il 76% dei musicisti intervistati teme che le restrizioni ai movimenti conseguenti all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea finirà per precludere loro il mercato continentale e la perdita di una fonte vitale di reddito soprattutto per i meno giovani, e il 40% dichiara di aver già cancellato impegni nel continente in conseguenza della Brexit. A proposito della possibilità di mantenersi con la musica, il 91% degli intervistati si attende un peggioramento, ed è soprattutto nella musica classica dove si considerano probabile una marcata contrazione nelle entrate. Insomma, il future si prospetta molto cupo e anche le aspettative che la politica possa aiutare sono bassissime, con una percentuale intorno al 90% di intervistati convinti che il governo non cercherà un accordo con la UE per agevolare i movimenti dei musicisti nel continente e l’ 89% in disaccordo con l’accusa del responsabile alla cultura del governo britannico Oliver Dowden, secondo il quale sarebbe interamente colpa della UE l’aver ignorato le condizioni dei musicisti di entrambe le sponde della Manica e non del Regno Unito.

Nel Regno Unito l’industria della musica contribuisce in modo significativo al PIL con circa 5,2 miliardi di sterline (5,9 miliardi di euro) e 200 mila occupati. Un fallimento delle trattative per garantire libertà di movimento ai musicisti britannici nell’UE potrebbe avere conseguenze non trascurabili sulla ricchezza del paese.

 

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