Il ritorno di Mehta alla Scala
Grande successo per l'Ottava di Bruckner
L'attesissimo ritorno di Zubin Mehta alla Scala per la stagione sinfonica verrà senza dubbio ricordato anche per la calorosa accoglienza che gli è stata tributata al suo ingresso sul palco e gli interminabili applausi al termine dell'Ottava di Bruckner, interrotti solo dal gesto del direttore che ha invitato gli orchestrali a ritirarsi. L'andirivieni per i ringraziamenti gli era faticoso, visto che si sorregge col bastone e dirige seduto. Ma sono questi gli unici sintomi del passare del tempo, perché l'eleganza del gesto e la lucidità di analisi sono rimaste invariate. Anzi, è come se la lunga malattia, che l'ha costretto a rimanere lontano dal podio, gli abbia regalato qualcosa di più, difficile da definire ma ben percepibile nel corso dell'esecuzione. Mehta, che a ottantatre anni dirige a memoria, ha diffuso su tutta la sinfonia una sorta di soave sospensione meditativa alla quale i mestosi pieni orchestrali, sempre controllatissimi, hanno fatto da cornice. Le fantasmagorie dello Scherzo ne sono stato un esempio, come gli eterei passaggi dell'Adagio. L'orchestra scaligera ha ben risposto alle intenzioni del maestro con un ottimo risultato e una partecipazione inconsueta, segno dell'antico affetto che la lega a lui. Insomma una bellissima serata, con anche la gioia di rivedere un grande direttore in perfetta forma. Tanto che il 7 maggio tornerà sul podio per il concerto per pianoforte di Schumann, solista Maurizio Pollini, e la Settima di Beethoven; il 17 discuterà col cardinale Ravasi sulla tradizione religiosa persiana e indiana prima di dirigere la Messa in do minore di Mozart; il 18 maggio sarà a Pavia a inaugurare il Festival di Musica Sacra.
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