Il buonismo di Gérard
Andrea Chénier al Bellini di Catania
Torna in scena a Catania Andrea Chénier di Giordano, in una produzione che ha utilizzato elementi scenografici di Maurizio Balò per un allestimento di 11 anni fa, affidando però la regia a una firma completamente nuova (Giandomenico Vaccari). Che non ha brillato, eccetto forse alcune soluzioni nel quadro del processo: l’idea era quella di una regia ‘cinematografica’, senonché dall’immaginifico libretto di Illica, e dalla drammaturgia che occhieggia al Tristano e Isotta (l’amore generato e coltivato dal fato, compiuto solo nella morte) ma si risolve – attraverso il centrale personaggio di Gérard – in una sorta di Tosca buonista, si finisce inevitabilmente in un melo fotoromanzesco. Le qualità della partitura di Giordano emergono spesso nel trattamento armonico e timbrico: Antonio Pirolli, alla guida dell’Orchestra del Teatro Massimo, non lesina quindi sonorità plastiche e corpose (bene anche il Coro, diretto da Luigi Petrozziello), sommergendo però spesso le voci. Tra queste, ottima prova di Francesco Verna (Gérard): bella proiezione, fraseggio chiaro senza strafare, dizione pulita; Amarilli Nizza ha messo a frutto la sua notevole sensibilità ed esperienza nel repertorio per il personaggio di Maddalena, emerso ben sbalzato nonostante un filo di fatica nella voce; Hovhannes Ayvazyan (Chenier) ha certamente qualità vocali, ma – forse per caratterizzare il personaggio – ha qua e là spinto troppo. Una piacevole sorpresa, molti dei ruoli ‘comprimari’, ben realizzati dalla compagnia: ad es., il Roucher di Enrico Marchesini, la Madelon di Lorena Scarlata, il Fleville di Carlo Checchi, e soprattutto l”Incedibile” di Saverio Pugliese, motore occulto della vicenda nei quadri centrali.
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