Stockhausen in chiesa
Siena: Stimmung per l'Accademia Chigiana
Da alcuni anni, il festival estivo dell’Accademia Musicale Chigiana di Siena ha mutato impianto: non più una Settimana iniziale di estrema densità, in cui concentrare impegnative produzioni e ospitalità, riservando poi il resto della programmazione agli illustri docenti titolari dei corsi, ma – anche per una revisione del budget a disposizione – una certa omogeneità e regolarità di distribuzione, puntando sul coinvolgimento di quegli illustri musicisti – e dei loro talentuosi allievi – in interazioni a geometria variabile, e su un filo conduttore teso lungo l’intera programmazione di quasi due mesi. Il fil-rouge di quest’anno è dedicato a Stockhausen, e forse la serata più corposa nella sua traiettoria era costituita dalla proposta di Stimmung, composto ed eseguito per la prima volta giusto 50 anni fa. All’interesse per questo vasto affresco vocale, si è aggiunta la curiosità di ascoltare cimentarvisi il Coro della Cattedrale di Siena “Guido Chigi Saracini”: la prima parte della denominazione non deve trarre inganno, trattandosi di un ensemble vocale di professionisti, la cui vocalità è stata coltivata attraverso il canto barocco. Il Coro, o meglio l’ensemble vocale, si dedica perciò alla polifonia antica (proponendola anche in liturgia), accanto a un prezioso repertorio da concerto, per il quale il riferimento al fondatore dell’Accademia indica chiaramente l’apporto dell’istituzionale musicale accanto alla magnifica chiesa senese.
La riuscita dell’operazione è stata piena, e ha mostrato il cospicuo lavoro vocale di Stockhausen sotto una luce peculiare: anziché le sei voci soliste microfonate (uno zoom sonoro da ricomporre in regia del suono), un ensemble di 16 cantori, disposti nel tipico cerchio comunitario; l’ensemble usa lo spazio della vasta Chiesa di S. Agostino come luogo di risonanza, di ascolto proprio e reciproco, quindi di fusione acustica concreta e ‘presente’, attraverso l’indagine del compositore sugli armonici, sia come tecnica d’emissione, sia come mistura verticale dalla quale – per transito di un armonico in nuovo fondamentale nascosto – si genera anche il percorso nella successione temporale. Il risultato è fascinoso, avvolgente, multidimensionale: permette ai partecipanti l’immersione, ma pure la focalizzazione dell’ascolto sulle articolazioni ritmiche dei singoli suoni o l’apprezzamento del trascolorare timbrico. L’allestimento dello spazio ha anche valorizzato i gesti verbali programmati da Stockhausen, intorno al suo pensiero unitario-plurale proiettato sulla molteplicità delle esperienze religiose storiche: i nomi degli esseri divini invocati diventano ugualmente materiale sonoro, e increspano un’esperienza del tempo che rimane aperta, collettiva, magico-intuitiva (il direttore, cantore ed anello del cerchio egli stesso, chiama alcuni eventi, ma in sostanza non dirige, e la durata delle sezioni dipende perciò molto dai tempi di iniziativa dei cantori nei gesti verbali), nonostante la successione delle misture sia rigorosamente fissata.
Bravissimi i sedici performer, e – naturalmente – in capo a loro il preparatore e concertatore, Lorenzo Donati: notevoli l’intonazione, la penetrazione della partitura, e soprattutto la capacità di ascolto, e di calibrare l’affioramento degli interventi entro un assieme di lodevole compattezza. Risposta convinta e calorosa del pubblico.
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