L'onore di Capuleti e Montecchi
Cast giovane per Bellini al Teatro Comunale di Bologna
OperaNext, lodevole progetto del Teatro Comunale di Bologna in collaborazione con l’Opera (e)Studio de Tenerife, importa con I Capuleti e i Montecchi uno spettacolo creato da un gruppodi artisti sulla strada del professionismo.
La lettura registica di Silvia Paoli toglie la polvere di romanticismi idealizzati e vuole spiegare le scelte e le azioni dei personaggi come conseguenze di un contesto sociale incontrovertibile (e anche attuale), ed emerge con chiarezza dall’interpretazione di un cast ben determinato a dare il meglio di sé sia sul piano attoriale che vocale.
La narrazione fa perno sul concetto di onore di quelle famiglie (che le scene – di Andrea Belli – e i costumi – di Giulia Giannino – collocano nel Sud Italia degli anni Settanta) ingombranti, chiassose, volgari, irrispettose del singolo in nome di una collettività; famiglie in cui la definizione dell’identità personale, soprattutto quella femminile, è impedita da consuetudini radicate nella tradizione. Quelle stesse famiglie che sono disposte a veder immolati i propri figli uno dopo l’altro per vendicare offese all’onore, e contro la cui abitudine alla violenza nulla possono nemmeno i fantasmi dei loro congiunti.
Il capo (Capellio, Alberto Camón) è padre padrone di una figlia che è merce di scambio per rapporti di vassallaggio (bella la voce tenorile di Francesco Castoro, Tebaldo). Giulietta (Lara Lagni, molto applaudita), sottomessa da una devozione filiale inculcatale senza scampo, è imbrigliata nel suo odiato abito da sposa come in una camicia di forza, velata (e ammutita) come una statua della Vergine. Complice Lorenzo (definito caratterialmente con minuzia e carisma da Niccolò Donini), con Romeo (una deliziosa Aurora Faggioli) inscenano un matrimonio con la puerilità dei giochi di bambini, ma con l’intenzione dei sentimenti più profondi e sinceri: il loro è l’amore ingenuo e sognatore degli adolescenti già grandi abbastanza per il desiderio e la sensualità, ma senza la forza necessaria per contrastare la prepotenza coercitiva degli adulti e del sistema di clan mafiosi.
Se la sala Bibiena non è stracolma, i presenti perdonano le sbavature (e qualche scollamento tra le compagini dirette da Federico Santi)e dimostrano di apprezzare i giovani in crescita.
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