Le gags di Ory

Parigi: all'Opéra Comique un divertentissimo Rossini

Le Comte Ory
Le Comte Ory
Recensione
classica
Opéra Comique di Parigi
Le Comte Ory
19 Dicembre 2017 - 31 Dicembre 2017

C'è da scommettere che Rossini si sarebbe divertito ad assistere a questa edizione del Comte Ory, sia perchè diverte tantissimo il pubblico dell'Opéra Comique, sia e soprattutto perché la regia di Denis Podalydès entra nel ritmo pulsante di quella che si può definire una pochade della lirica con verve inesauribile. Lo si percepisce subito, quando gli stilemi del bel canto (gorgheggi, acuti...) sono trasformati in altrettante gag, con un effetto straniante di comicità davvero coinvolgente. Il resto ne è quasi una conseguenza grazie alla studiatisima gestualità attoriale degli interpreti e alle calibrate situazioni sceniche. L'intreccio è trasportato di prepotenza dalle Crociate agli anni parigini di Rossini, quando hanno inizio le guerre coloniali in Algeria, evocate durante l'ouverture dal velario con le riproduzioni di quadri dell'epoca e alla fine dall'arrivo dei soldati in divisa. La scelta però non disturba né stravolge lo spirito dell'opera. È invece fortemente sottolineato il suo piglio anticlericale, col calice da messa che serve alle copiose libagioni del primo atto e lo sgangherato ballo delle false suore nel secondo. C'è qualche eccessiva sottolineatura delle improvvise smanie erotiche della Contessa pronta ad alzare le sottane, che finiscono per stonare col suo sbandierare il crocefisso per proteggersi dal temporale, ma tutto funziona a meraviglia. Anche nella difficile scena a tre nel letto, con la dichiarata e divertita intenzione di "far finta di credere" alla situazione da parte dei protagonisti. Merito dei tre cantanti. In primo luogo Julie Fuchs (Contessa), tecnica vocale impeccabile, timbro e aspetto gradevolissimi, arguta e spiritosa; e con lei Gaëlle Arquez (il paggio Isolier), dalla voce calda e dai modi eleganti. Le due insieme valgono realmente l'intera edizione. E naturalmente il protagonista, Philippe Talbot, un conte Ory continuamente ammiccante, capace di sopperire a qualche mancaza di agilità vocale con una grande presenza scenica. Perfettamente a suo agio con un fallico naso posticcio nelle vesti dell'eremita qui trasformato in pretone, come in quelli di suor Colette, sempre pronta ad allungare le mani sulla Contessa.

La direzione musicale affidata a Louis Langrée è più che corretta, con perfetto controllo del ritmo indiavolato della partitura come dei momenti più languidi. Talvolta in buca si sentono sonorità degli archi più adatte al repertorio barocco che a Rossini, ma anche questo fa parte del gioco.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Al Teatro Massimo Bellini, con Mahler e Berio 

classica

La sua Missa “Vestiva i colli” in prima esecuzione moderna al Roma Festival Barocco

classica

Per la prima volta quest’opera di Händel è stata eseguita a Roma, in forma di concerto