Il suono di Desiderio
Il chitarrista in recital a Napoli
Recensione
classica
Il chitarrista napoletano Aniello Desiderio è ritornato a suonare per l'Associazione Scarlatti di Napoli. Il concerto, attesissimo, era insieme un "recupero" e uno "straordinario": straordinario perché legato alle infinite potenzialità dello strumento che Desiderio domina e recupero perché condito da echi di nostalgia per uno strumento musicale che non ha più la dimensione che merita dopo i fasti di Llobet, Segovia e Bream. Al Teatro di Corte del Palazzo Reale di Napoli, Desiderio si è presentato in gran forma e con la giusta fragilità di chi si esibisce nella propria città. Sale sul palco da eroe, abbraccia la chitarra con aurea mistica, alla ricerca di un'essenza che i chitarristi, per effimero repertorio, sanno essere sempre cangiante. L'aspetto centrale dell'esecuzione del favoloso chitarrista napoletano risiede proprio nel suo modo di fare musica: in maniera diretta, con pregevole comunicativa.
Asturias e Sevilla di Albeniz aprono il concerto in modo sperimentale e per molti versi dissacrante, con accenti spostati e tenuti su tempi nervosi, nuovi particolari melodici in evidenza - mai sentito neanche nei pianisti a noi vicini e più bazzicanti questo repertorio (Ciccolini, Cominati). Sotto le dita, grandi e pesanti, armato di tocco guizzante come fiamme incalzava sempre di più e non smetteva di stupire il gioco di frasi spezzettate. Spettacolare. Balzi acrobatici da arte marziale per la Sevillana e Sonata op. 61 di Joaquin Turina. Funambolico e di mestiere. Più sobria e pacata la bellissima Suite Española di Gaspar Sanz, di magiche invenzioni e di mondi sonori mai visti. Non è corretto parlare di virtuosismo, il tutto riesce millimetrico, mai sforzato ma fresco, facile, intangibile dalla fatica. La chitarra diventa quindi emanazione diretta dell'anima, non si avverte mai separazione tra strumento ed interprete. Mai un calo di tensione. Desiderio suona Scarlatti poi, confidenziale, a tu per tu, come se fosse la prima volta che affronta le Sonate. Dosa il tocco distillando una serie di pianissimo come sussurri che sfidano l'udito dei più. Controlla ogni volume persino nei momenti più esili della scrittura. Scardina ogni convenzione di battuta, di scansione ripetuta, dove scorre libero il fraseggio creando forme e prospettive mai osate prima, che puntano sempre al sublime rompendo gli schemi e mirando al cuore. Il concerto presentava il compositore chitarrista Mauro Giuliani nella seconda parte, con l'ostica Rossiniana N.1. Ne risultava un Rossini-Giuliani tenace nei disegni ostinati, divertente e duttile nei vari crescendo, senza però mai approdare veramente ad un'altra dimensione interpretativa, cameristica, ottocentesca. Ma in questo programma speciale, in cui si passano in rassegna i momenti topici di un'avventura artistica trentennale, non poteva mancare un tocco odierno. Nel brano Koyunbaba op.19 del chitarrista Carlo Domeniconi, che, diciamolo pure, di musica turco-ottomana non ha proprio nulla se non mere suggestioni esotiche, il suono strabiliante di Desiderio dialoga con forme oscure ed antiaccademiche, di sonorità introspettive. Sempre in accelerando e rubando, poi accordi straziati violenti come macigni, rabbiosi.
Tutti applaudono alzandosi in piedi con enorme festa, mentre Desiderio si profonde in inchini e ringrazia poi con un bis di Erik Satie. La chitarra, con la sua multicolore tavolozza timbrica, dal suono distinto, ha stregato il pubblico ed il musicista, catturandone la devozione. Desiderio riesce a magnetizzare per sperimentalismo e fantasia creativa. Tutto è musica.
Interpreti: Aniello Desiderio
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