L'intensità di Penderecki

Il compositore-direttore a Londra

Recensione
classica
London Philharmonic Orchestra Londra
14 Ottobre 2015
La London Philarmonic Orchestra va a segno. Ieri sera alla Royal Festival Hall un raro concerto con due prime esecuzioni inglesi di musiche di Krzysztof Penderecki - Adagio per archi tratto dalla sua Sinfonia No. 3 del 1995 e riarrangiato per soli archi ed il Concerto (2008) per corno scritto per Radovan Vlatkovic - dirette dall'autore stesso, con al corno proprio Vlatkovic. Queste composizioni recenti, evidenziano una continuità stilistica tra la musica del passato e la contemporaneità che è sempre stata metafora dell'intera vita musicale del compositore polacco, classe 1933. Per soli archi, strumento prediletto da Penderecki - per la precisione cinquantadue - è anche il terzo brano del concerto in programma - il suo famoso Canto funebre per le vittime di Hiroshima (1960). L'Adagio ha introdotto il concerto. Breve, etereo. Ma anche caleidoscopico, profondo. Il tema, caratteristico nella sua amplificata e accresciuta modalità di esecuzione, è ricco di invenzioni combinatorie e di frasi con evoluzioni inaspettate. Gli archi sono resi qui intensamente leggeri durante tutto il brano. Concertato con ricca espansione da Penderecki, si svincola da cliché a lui attribuiti di una direzione scrupolosa e costruita attentamente sui timbri dell'orchestra. Mente, braccio ed orchestra si intendono e più che mai egli rende la sua musica molto stimolante, a volte scioccante, a volte offensiva, esuberante. Nel Concerto invece emergono elementi primari della natura ed una patina fosca, densa, inquieta tra sacro e profano. Sonorità da corno da caccia e galoppanti passaggi ritmici che ricordano i concerti di Strauss e Mozart per il medesimo strumento. La nostra attenzione era immancabilmente per il solista: virtuosismo dove non una nota va perduta. Cromatismi in accelerazione e perfetti dialoghi con prima i fiati e poi gli ottoni. Il suono di Vlatkovic nel registro medio alto era davvero magico, quasi fiabesco insieme alle percussioni dell'orchestra. Peccato breve il Concerto in un unico tempo con due distinte sezioni - passacaglia lenta e Rondò vivace. Il solista regala un bis sempre di Penderecki dal titolo Capriccio, una rapsodia timbrica di trilli, note lunghe, soffi di ogni tipo, che hanno divertito la sala non poco. Fin qui l'orchestra è ben disciplinata, gli archi sempre compatti. L'attacco nell'Adagio è inaspettato seducente e provocatorio - che sorpresa non trovare quel suono tondo, pastoso, morbido degl'archi - ma spesso eccessivamente voluminoso nel fortissimo. Il canto funebre a seguire è energia cinetica quasi una liberazione di forza sonora in ogni gesto saliente del direttore. La metafora dell'urlo iniziale degl'archi, uno, poi un'altro, poi la quiete, il silenzio e la dispersione, il tutto articolato in uno spirito combinatorio di dodecafonia e musica seriale, sono evidenziati negli scontri ritmici e timbrici immersi in una logica contrappuntistica. Nei momenti più statici e silenziosi della partitura lo si vedeva, Penderecki, assorto e diventava materico in palcoscenico. Svuotata di sterili intensità e seriosità la direzione è stata distesa lungo tutte le frasi di ampio respiro. Gli archi suonano in ogni modo sul ponte, con il palmo della mano, pizzicando e colpendo la cassa. La sua musica non ha mai evidenziato un semplice interesse al suono come unica ragione allontanandolo da avanguardie legate solo ad astrattismi formali e questo canto funebre per le vittime di Hiroshima è sempre stato un manifesto artistico di ciò. Ahimè non di altrettanto virtuosismo la seconda parte del concerto con la Sinfonia No. 6 in si minore op. 54 di Dmitri Shostakovich. Poco espressiva nella cellula della terza minore l'interpretazione dell'insieme e mai raffinati nelle parti solistiche. L'acustica perfetta della Royal Festival Hall restituisce ogni dettaglio timbrico e la Sinfonia è risultata piuttosto graffiante. Poco naturale e troppo costruito il galoppo nel presto finale. Scolastico nella direzione qui Penderecki: il gesto, a volte anche con un sol braccio, quasi sempre sulle frasi delle singole sezioni e meno sull'insieme, senza grandi vere sfumature.

Interpreti: Radovan Vlatkovic corno

Orchestra: London Philarmonic Orchestra

Direttore: Krzysztof Penderecki

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