Che gelida Poppea
Alla Scala l'Incoronazione di Poppea diretta da Alessandrini con la regia di Bob Wilson
Recensione
classica
Da tempo programmato dall'ex sovrintendente Lissner (non a caso figura in coproduzione con l'Opéra di Parigi) quest'ultimo Monteverdi non ha riservato sorprese, nel bene e nel male. L'esecuzione musicale è di primissimo ordine, Rinaldo Alessandrini è autorità indiscussa in materia, ma ogni volta sembra superarsi. Ha scelto un organico ridottissimo, due clavicembali, due arpe piccole, archi quanto basta e (sorpresa per il gran finale) un paio di trombe. La buca d'orchestra è sollevata quasi al livello della platea, ma ciò nonostante è stata necessaria un'amplificazione discreta con due altoparlanti piazzati a metà sala all'altezza della quarta fila dei palchi. Il direttore ha spiegato che di fronte alle due edizioni dell'Incoronazione di Poppea, la veneziana e la napoletana, ha giustamente scelto qua e là secondo i propri gusti. La compagnia di canto è eccellente: Miah Persson (Poppea), Monica Bacelli (Ottavia), Sara Mingardo (Ottone), Leonardo Cortellazzi (Nerone), Adriana Di Paola (un'Arnalta spiritosissima), Maria Celeng (Drusilla) e tutti gli altri. Qualche difficoltà, dovuta una cattiva serata, l'ha dovuta superare Giuseppe De Vittorio (la Nutrice).
Quanto alla regia (scene e costumi compresi) di Bob Wilson è risultata un dejà vu, raffinatissima, calcolatissima nell'imporre gesti da marionette e bocche stupefatte che rimangono splancate, ma al solito raggelante. Col risultato, gravissimo, di essere del tutto impermeabile alla forte carica erotica dell'opera: l'iniziale "Non partire, signor" o il duetto "Pur ti miro" sono stati mostrati con algida eleganza, ma nulla di più. Unica eccezione il personaggio di Arnalda, dinoccolata e buffa, che ha aperto un piccolo spiraglio di vitalità.
Forse a causa della prima che si è svolta di domenica qualche posto vuoto in platea e molti palchi deserti, grandi applausi comunque al termine dello spettacolo. Interrotti in modo improprio e anche villano con una brusca calata del sipario, come se qualcuno avesse fretta di tornare a casa.
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