Toccante, profonda, viva e attuale più che mai, è "Orphée et Eurydice" firmata Romeo Castellucci. La potenza della musica fa andare oltre i confini del corporeo, e se nel mito originario Orphée, grazie al suo canto, può penetrare nell’Aldilà per cercare di riportare in vita l’amata Euridice, Castellucci ci conduce ad esplorare con le esperienze e tecniche di oggi il misterioso confine tra vita e morte, tra corpo e mente, con una levità che vola direttamente al cuore dello spettatore colpendolo durabilmente. E la musica arriva a far comprendere intuitivamente ciò che la ragione e le parole hanno difficoltà a esprimere compiutamente. Sin dalle prime battute è chiaro che il regista ha trovato un’efficace chiave di lettura e gli strumenti giusti per rappresentarla, il verbo cantato del mito di Orfeo ed Euridice si intreccia al verbo scritto della storia di Els, giovane donna colpita da una malattia che gli ha lasciata intatta la consapevolezza, i sentimenti e le altre facoltà mentali, privandola però del tutto di controllo sul corpo se non per la capacità di battere le palpebre. Senza le macchine che la tengono in vita non ci sarebbe più, invece Els è ancora una protagonista, immobile nel suo letto d’ospedale, raggiunta da una telecamera mobile che la scruta mentre ascolta l’opera in diretta attraverso una cuffia. La storia di Els rivive proiettata sul palcoscenico nudo, che si riempie di note, parole e immagini, ricordi e speranze, invaso da un bianco o nero totale nei momenti topici, pervaso dal fascino della musica di Gluck riconcertata da Berlioz. A Bruxelles va in scena infatti la versione francese dell'opera: Castellucci ha messo in scena contemporaneamente le due versioni, con due letture simili, ma in quella italiana andata in scena lo scorso maggio a Vienna il collegamento era con una ragazza in coma da tre anni. Els è invece cosciente, anche se immobilizzata nel suo corpo, è come se fosse seduta accanto a noi ad ascoltare il mezzosoprano Stéphanie d’Oustrae, voce dal bel timbro maschile ben scelta per la parte di Orphée, tanto misurata nei movimenti quanto drammatica nel canto, le cui note estreme sembrano a tratti quasi capaci di rigare il viso come lacrime virtuali. Meno incisiva l’interpretazione di Eurydice da parte di Sabine Devieilhe, così come un po' troppo acerbo l'Amour di Clément Devieilhe, mentre il coro della Monnaie continua a dare ottima prova di sé. E inevitabilmente, la novità e profondità emozionale dell’allestimento ruba un po’ l’attenzione all’ascolto, anche per una direzione da parte di Hervé Niquet un po’ schematica e semplicistica che non cattura.
Note: Une coproductie Vienne / Bruxelles, à l’initiative de la Monnaie Production
La Monnaie / De Munt, Wiener Festwochen
Avec le soutien de SWIFT
Interpreti: Stéphanie d'Oustrac (Orphée), Sabine Devielhe (Eurydice), Els, Clément Bayet (Amour)
Regia: Romeo Castellucci
Scene: Romeo Castellucci
Costumi: Romeo Castellucci
Corpo di Ballo: Collaboration artistique: Silvia Costa; Dramaturgie: Christian Longchamp e Piersandra Di Matteo
Coreografo: VidéoCaméra: Vincent Pinckaers
Orchestra: Orchestre symphonique de la Monnaie
Direttore: Hervé Niquet
Coro: Chœurs de la Monnaie
Maestro Coro: Martino Faggiani
Luci: Romeo Castellucci