Chailly "viennese" alla Scala
Con Kavakos e i Wiener per Sibelius e Bruckner
Recensione
classica
Prima apparizione alla Scala di Riccardo Chailly da che è stato nominato direttore principale per gli anni 2015-16 (direttore musicale lo sarà a partire dal 2017), ma stavolta alla testa dei Wiener Philharmoniker in questo periodo in tournée per l'Europa. Il concerto, iscritto nel cartellone della Filarmonica della Scala, si è aperto con Finlandia di Sibelius, un brano che ha subito chiarito di che sonorità è capace l'orchestra viennese. Ottoni decisi, anche negli attacchi più delicati, legni sempre presenti, archi dolcissimi. Quando si sente una compagine di tale classe, calibratissima e sicura in ogni passaggio, non si può non avere un moto d'invidia.
Il seguito è rimasto in ambito finlandese, col Concerto per violino di Sibelius interpretato da Leonidas Kavakos. Il solista greco è inarrivabile quanto a lucidità e compostezza. Nell'esecuzione non c'è stato un attimo di languore che non fosse sotto controllo, anche in orchestra, il che è raro per una composizione che rischia sempre di scivolare nel vuoto patetismo. La riprova dell'assoluta limpidezza del violino solista la si è avuta alla fine col bis bachiano, accolto da lunghissimi applausi.
Nella seconda parte della serata la Sesta di Bruckner, autore tra i più eseguiti dai Wiener. Chailly è stato perfettemente a suo agio, al punto di riuscire ad "asciugare" i momenti più roboanti senza però mai diminuirne l'impatto e a cesellare quelli più leggeri, quasi al limite dell'udibile.
Mai vista la sala del Piermarini così piena, non un posto libero, nemmeno nei palchi. Pubblico generosissimo di applausi e, per una volta tanto alla Scala, anche quanto sono entrati gli orchestrali prima dell'esecuzione. Un saluto doveroso, che fa parte di un minimo di educazione, ma che purtroppo non viene mai tributato alla Filarmonica.
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