La Valchiria di Barenboim

Successo per l'inaugurazione della stagione scaligera

(foto Brescia e Amisano)
(foto Brescia e Amisano)
Recensione
classica
Teatro alla Scala Milano
Richard wagner
07 Dicembre 2010
Lo scaligero 7 dicembre è stato inaugurato con lunghi applausi, prima al presidente Napolitano, poi a Barenboim che prima dell'attacco si è detto preoccupato per i tagli alla cultura ricordando l'articolo 9 della Costituzione. L'apertura della stagione, con la prima giornata del Ring ha confermato invece la straordinaria lucidità del direttore alle prese con Wagner, ottimamente assecondata dall'orchestra. Sonorità secche, dai contorni chiarissimi, dolcissimi gli archi, i legni straordinari. Barenboim ha scelto un passo lento, che gli permette di analizzare ogni passaggio, ma sempre con attenta visione d'insieme. Il cast è di ottimo livello, Nina Stemme è una Brunnhilde insuperabile. Autorevole il Wotan di Vitalij Kowaliow, Waltraud Meier (Sieglinde) è talvolta leggermente affaticata ma ha classe insuperabile (la redenzione dell'amore al terzo atto mette i brividi). Simon O'Neill è un buon Siegmund, non facilitato dalla stazza, per di più appesantita da una sorta di zaino di pelli di lupo; mentre John Tomlinson, vecchia gloria di Bayreuth, è un Hundig disinvolto che assapora però le parole più delle linee melodiche. Autorevole la Frika di Ekaterina Gubanova. Lo spettacolo, firmato da Cassiers (che ha rinunciato per fortuna alle coreografie del suo precedente Oro del Reno), ha momenti visivamente efficaci, ma soffre della sempre più diffusa abitudine di confondere scenografia con regia. Il borghese teatro da camera del primo atto (caminetto acceso nella veranda dove si prepara la tisana soporifera) è invaso da mutevoli proiezioni ora rosse, ora striate di pioggia, finché allo sbocciare della primavera la parete di fondo si apre su dei multipli della lancia di Wotan, gelidamente bianche e senza una sola gemma. In tutto lo spettacolo, dove i cantanti troppe volte abbandonati a loro stessi finiscono per avere gestualità di maniera o imbrazzanti fissità, sono le proiezioni a fare la parte del leone. L'effetto è spesso difficile da decifrare (l'incendio del bosco al primo atto quando Sigmund invoca il padre per esempio), ma talvolta efficace. Nel secondo atto ancora le lance-pali dal cielo, sulle quali appare un fogliame agitato dal vento, anche se penalizzato dal dispettoso proiettore di destra, andato in tilt sia alla prova generale sia alla prima. Bella la striscia rosso sangue, che scende all'uccisione di Sigmund e si raddoppia per quella di Hunding, e nel terzo si moltiplica a dismisura creando un grata di morte. Meno felice il groviglio di cavalli fantasma che si avviluppa con teste femminili scarmigliate durante la Cavalcata delle Valchirie. Unico oggetto scenico, una scultura pompier di cavalli rampanti nella prima parte del secondo atto. Mentre le ultime battute dell'Incantesimo del fuoco sono disturbate dall'apparizione di un lampadario di luci rosse, un po' raggi uva, un po' Incontri ravvicinati, che cala su Brunnhilde addormentata in progressiva levitazione su una piccola pedana. La serata si è risolta con un indiscusso successo, unanimi giudizi positivi da parte della platea e del loggione, applausi interminabili, soprattutto a Barenboim.

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