Il teatro delle voci
La Staatsoper di Vienna riaccoglie l’opera barocca
Recensione
classica
La nuova "Alcina" viennese è sfarzosa e variopinta, in costumi storici, tutta stucchi, trompe-l’oeil e cineserie; non è l’Haendel alla moda ambientato in attici minimalisti con protagonisti in giacca e cravatta. Si susseguono invece gli effetti spettacolari, tra giochi cromatici di luce e ombra e una mongolfiera che decolla e atterra sulla scena. Il teatro viennese non vuole però proporsi come artefice di un processo di restaurazione. Anzi, all’opposto, dopo tanti anni di assenza dal cartellone ripropone sulle sue scene il teatro musicale barocco (per l’Alcina questa è la prima assoluta), e questo cambiamento introdotto dal nuovo sovrintendente Meyer si percepisce come innovazione di grande impatto. Per la prima volta, inoltre, in buca non suona l’orchestra del teatro, ma un organico esterno su strumenti storici.
Le dimensioni e la struttura della Staatsoper non sembrerebbero ideali per questo tipo di scelta, ma l’organico rafforzato e il coro usato in buca quasi a modo di sostegno strumentale aiutano e il suono si propaga uniforme in tutto il teatro. Il cast vocale è eccezionale. Gli interpreti sfruttano tutti i registri espressivi con una varietà quasi infinita di timbri e sfumature. La regia vuole raccontare la storia attraverso la lente del XVIII secolo, aggiungendo una cornice metateatrale (un gruppo di aristocratici si incontra e gioca a mettere in scena le vicende dell’opera). Questa volta però la fattura del teatro è di ostacolo, perché si fa molta fatica a percepire i dettagli all’interno dell’insieme scenico e la poca comprensibilità del testo, anche nei recitativi, non aiuta a seguire l’intricata trama dell’opera. Non resta allora che l’ascolto: le quasi quattro ore dell’opera scorrono che è un piacere grazie all’equilibrio e alla ricchezza delle vocalità, alle voci che si fanno persona.
Le dimensioni e la struttura della Staatsoper non sembrerebbero ideali per questo tipo di scelta, ma l’organico rafforzato e il coro usato in buca quasi a modo di sostegno strumentale aiutano e il suono si propaga uniforme in tutto il teatro. Il cast vocale è eccezionale. Gli interpreti sfruttano tutti i registri espressivi con una varietà quasi infinita di timbri e sfumature. La regia vuole raccontare la storia attraverso la lente del XVIII secolo, aggiungendo una cornice metateatrale (un gruppo di aristocratici si incontra e gioca a mettere in scena le vicende dell’opera). Questa volta però la fattura del teatro è di ostacolo, perché si fa molta fatica a percepire i dettagli all’interno dell’insieme scenico e la poca comprensibilità del testo, anche nei recitativi, non aiuta a seguire l’intricata trama dell’opera. Non resta allora che l’ascolto: le quasi quattro ore dell’opera scorrono che è un piacere grazie all’equilibrio e alla ricchezza delle vocalità, alle voci che si fanno persona.
Interpreti: Anja Harteros | Alcina Veronica Cangemi | Morgana Vesselina Kasarova | Ruggiero Kristina Hammarström | Bradamante Benjamin Bruns | Oronte Adam Plachetka | Melisso
Regia: Adrian Noble
Scene: Anthony Ward
Coreografo: Sue Lefton
Orchestra: Les Musiciens du Louvre
Direttore: Marc Minkovski
Maestro Coro: Thomas Lang
Luci: Jean Kalman
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