La scena è una scatola nera, sembrerebbe una lavagna. E così rimarrà, identica, per tutti e tre gli atti. Non è certo costruita su azione e mutamenti questa produzione. Eppure, gli allestimenti di tale intensità sono rari. È un sottile interagire di musica e scena a creare la densità che caratterizza questo Prinz von Homburg. Da una parte, ci sono i Wiener Symphoniker diretti da Albrecht in un calibrato equilibrio di accompagnato e slanci eruttivi, contrasti e sfumature; dall’altra c’è il concetto registico di Loy, che struttura tutta la tensione sulla condotta dei personaggi, creando un movimento vorticoso che scaturisce dai singoli gesti e dal loro risaltare in uno spazio claustrofobico che funziona da cassa di risonanza. Da questo interagire risulta un teatro musicale sensuale e avvincente, che volta le spalle ai manierismi del genere e non cerca complicità in un ricezione convenzionale. Anche senza azione, la narrazione è incalzante, annulla le frontiere tra sogno e realta e trascina lo spettatore dentro le voragini drammatiche di scena e musica, di realtà e finzione. L’utilizzo di luci e ombre è raffinatissimo e sa connotare le situazioni sceniche facendogli assumere differenti significazioni spaziali, fino alle tenebre “illuminate” della tomba che chiudono l’opera. I personaggi agiscono perfettamente in questa ambiguità scenica, sempre in bilico tra realtà e sogno, tra presenza e riserbo. Le linee vocali sono limpide, la dizione è teatrale, anche grazie all’attento accompagnamento dell’orchestra che mai copre il collettivo ben scelto dei cantanti.
Interpreti: John Uhlenhopp
Helene Schneiderman
Britta Stallmeister
Christian Gerhaher
Frode Olsen
Johannes Chum
Andreas Scheibner
Simona Eisinger
Nina Tarande
Jaroslava Pepper
Stefan Reichmann
Andreas Jankowitsch
Rupert Bergmann
Erik Årman
Christian Kostal
Regia: Christof Loy
Scene: Dirk Becker
Costumi: Herbert Murauer
Coreografo: Thomas Wilhelm
Orchestra: Wiener Symphoniker
Direttore: Marc Albrecht
Luci: Bernd Purkrabek