Si tinge di blues la festa finale della Biennale Musica
Exit_02 coinvolge gli spettatori unendo Berio al blues, Varèse e la musica da ballo turca
Recensione
classica
Si chiude con la consueta festa di Exit un’edizione 2009 della Biennale Musica che ha sollevato – e questo è sempre un merito – più di un interrogativo sullo stato di salute di una scena "contemporanea" (sui confini del termine l’elasticità è piuttosto indefinibile) che è sembrata spesso prigioniera della propria autoreferenziale incomunicabilità, tanto che i "campioni" del festival portano nomi quali Varèse, Kurtag, Ligeti, gente che dovrebbe stare costantemente nei programmi delle sale da concerto. Venendo a Exit, originale maratona attraverso esperienze sonore molto eterogenee, si sono apprezzati – negli splendidi spazi delle Tese dell’Arsenale suddivisi in palchi e torrette – due nuovi lavori per intonarumori di Fabio Cifariello Ciardi e Mauro Lanza, così come la bravissima Elena Casoli alla chitarra elettrica (specialmente nella composizione di Maurizio Pisati). Eccellente la prova del cantante Lionel Peintre nelle virtuose "14 Jactations" di Aperghis, mentre il Brake Drum Percussion Ensemble ha affrontato con esiti alterni il Terry Riley di "In C", lo Steve Reich di "Clapping Music" e "Ionisation" di Varèse. Ottime le prove del trombonista Michele LoMuto, specialmente nella sequenza di Berio e di Roberto Fabbriciani impegnato in Nono e Sotelo, mentre l’unico spazio (davvero un po’ poco) del Festival dedicato alla musica afroamericana è stato tutto per l’applauditissimo ultranovantenne bluesman David Honeyboy Edwards. Finale festoso con la musica popolare turca del Selim Sesler Ensemble, quasi un invito a continuare a esplorare le tante musiche del mondo. La strada passa proprio di là.
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