In una programmazione dedicata a 'L'inganno', lo Sferisterio Opera Festival di Macerata programma al coperto (oltre a un Don Giovanni mozartiano, Teatro L.Rossi, con intriganti spunti di regia, una direzione musicale un po' compressa e alcuni voci in gran spolvero, su tutte il Leporello di Ildebrando D'Arcangelo) una prima assoluta di Matteo D'Amico, Le malentendu, libretto tratto da l'omonima pièce di Camus. Più che d'inganno, si tratta d'incomunicabilità esistenzialista: un uomo torna nella casa-albergo di famiglia, dopo decenni, non riuscendo a - o non potendo - farsi riconoscere, e non venendo riconosciuto da madre e sorella che, come i precedenti avventori, lo uccidono per spogliarlo dei suoi averi e disporre di un futuro lontano dalla terra desolata che abitano; la postuma agnizione porterà tutti i ruoli - ovvero l'umanità - a un destino tragico e senza luce. La scelta di D'Amico è rigorosa e coerentemente portata avanti per un'ora e mezza di musica: declamato, ora lirico ora drammatico, per le voci, a conferire una piena evidenza al testo (il progetto gemma d'altronde da una realizzazione in prosa con musiche di scena), e il piccolo gruppo strumentale (quartetto d'archi, più contrabbasso clarinetto e fisarmonica, diretti da Guilliaume Tourniaire) a tessere la rete sotterranea di relazioni espressive e drammaturgico-musicali, pesati con grande calibro i personaggi timbrici e le figure musicali che utilizzano. La regia di Saverio Marconi ha reinventato a impianto centrale una sala da cinema, con notevoli intelligenza e uso delle luci, muovendo i personaggi in spazi quasi solo disegnati a terra, al modo (per citare solo un esempio recente) di Dogville del cineasta Von Trier. Ottimi gli interpreti, vocalmente preparatissimi, e franco l'apprezzamento del pubblico.
Note: prima esecuzione assoluta
Interpreti: Le vieux domestique:
Marco Iacomelli
La Mère:
Elena Zilio
Martha:
Sofia Soloviy
Maria:
Davinia Rodriguez
Jean:
Mark Milhofer
A Colonia l’Orlando di Händel tratta dall’Ariosto e l’Orlando di Virginia Woolf si fondono nel singolare allestimento firmato da Rafael Villalobos con Xavier Sabata protagonista
Jonas di Carissimi e Vanitas di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento