Il folk secondo Doc Chad

Eugene Chadbourne in solo a Torino

Eugene Chadbourne (foto j.t.)
Eugene Chadbourne (foto j.t.)
Recensione
oltre
Folk Club Torino
27 Febbraio 2009
Nella cronaca sportiva si legge di quei calciatori che fanno “reparto da sé”. Eugene Chadbourne è musicista che fa genere a sé, inutile sforzarsi nell'aggettivazione. Ci si accosta alle sue performance dal vivo con il necessario stupore e la certezza di rimanere spiazzati. Imperdibile dunque l’occasione di vederlo in solo al Folk Club di Torino. Come parziale adeguamento e “rispetto” allo spazio che lo ospita, Chadbourne accantona la sua anima avant-noise e fa il folksinger, regalando al suo banjo solo brevi intermezzi destrutturati e rumoristici, in una tecnica altrimenti “da manuale” – o quasi. A voler razionalizzare ciò che si sente, l’avanguardia sembra aver chiuso il suo cerchio, superato la fase del “post” a tutti i costi per ritornare alle origini non per nostalgia, ma per un principio di doppia negazione, che restituisce i linguaggi rivivificati e rinnovati. O forse no: Doc Chad, semplicemente, fa quello che gli pare; come sempre. Il repertorio segue l’estro del momento: Chadbourne pesca i testi da due brogliacci scocciati e sudici, che paiono tutta la musica del mondo. Spiccano dal suo canzoniere l’antimilitarista “They Can Make It Rain Bombs”e l’ironica “Don’t Happy Be Worry”, oltre a “Happy New Year” (del periodo Shockabilly). Quasi in chiusura, strappa applausi l'irresistibile “Roll Over Berlusconi”, invettiva contro il nostro premier sul tema di “Roll Over Beethoven”. In un accostamento “estremo” e azzardato, perfettamente in linea con la serata, dopo il set di Chadbourne (che, ammettiamo, avremmo voluto più lungo) il Folk Club propone la Ralfe Band, giovane formazione inglese più vicina a Kings of Convenience o Badly Drawn Boy: atmosfere rarefatte tra arpeggi di piano e chitarre accarezzate. Piacevoli, ne sentiremo ancora parlare.

Interpreti: Eugene Chadbourne: banjo, chitarra, voce. Ralfe Band

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