Gran successo per la prima produzione della stagione Volksoper e per l'esordio alla programmazione del nuovo direttore Meyer. L'Orfeo in cartellone esalta una comicità senza tempo atraverso un'attualizzazione registica e una riscrittura del testo che hanno trascinato il pubblico in un divertimento quasi fanciullesco. Bravo il cast, misto di cantanti e attori, e in forma l'orchestra, che Ludwig ha trascinato in una convincente e avvincente prova.
Il nuovo Orfeo agli inferi della Volksoper è rivisto dall'inizio alla fine, manipolato e adattato al gusto moderno. Il risultato è di immediata percezione: il pubblico ride a crepapelle e sembra improvvisamente di essere stati catapultati dentro una sit-com televisiva. Il segreto è che la storia è narrata in modo chiaro e immediato, spolverandone la patina arcadica, e modernizzandola per solleticare i lati più esposti e vulnerabili della società (e quindi anche del pubblico). Se si capisce il tedesco, poiché dialoghi e parti cantate sono state interamente tradotte e riscritte, non bisognerebbe lasciarsi sfuggire questo allestimento, il divertimento è assicurato. La regia di Baumann, che proviene dal teatro d'intrattenimento, è brillante (coadiuvato anche da un utilizzo spettacolare delle masse del balletto a metà tra musical e varietà) e intelligentemente costruita attorno al personaggio della Pubblica opinione, cosa che consente di fare satira anche sul mondo dell'informazione e dei media. Il cast, un ensemble misto di cantanti e attori, non fa una piega: Jennifer Bird (Euridice), sicura nelle colorature, è coquette al punto giusto; l'ensemble degli Dei (Pichovetz, Hartmann, Rosin, Pichler-Steffen, Dorak) sembra un collettivo affermato alla Fratelli Marx che opera con sicurezza e coordinazione; Erni Mangold (opinione pubblica) è al limite dell'irriverente e stonata come una campana! Dalla buca, Ludwig trascina un'orchestra in gran forma in una dinamica e convincente prova d'esprit.
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