Più "Pastorale" che "Eroico": Maazel e l'integrale delle Sinfonie di Beethoven
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Recensione
classica
Otto contrabbassi e conseguente popolosa sezione d'archi fin dalle prime sinfonie, in generale tagli di interi ritornelli anche negli allegri di sonata e raddoppi delle parti: per molti motivi l'integrale delle Sinfonie di Beethoven diretta da Maazel con la Symphonica Toscanini poteva apparire prodotto d'antan, ma non privo di sorprese.
Ecco Maazel, impeccabile e distaccato, a tratti ironico nel primo concerto, Sinfonie n. 1 e n. 2; nel successivo appuntamento seducente con la Quarta e fin qui siamo nel presagibile. Poi imprevedibilmente involuto nella Terza, "l'Eroica", fino allo Scherzo che si è animato lanciando orchestra e direttore in un Finale infuocato, ancora meglio è andato il bis, "Egmont".
Ouverture da considerarsi la cosa migliore dell'integrale, se la vera sorpresa non fosse stata la Sesta: grazie a tempi meno sostenuti Maazel ha ritrovato articolazione, fraseggio, dinamiche e interpretazione. La Symphonica, fin lì apparsa di buon livello ma senza una personalità definita, si è mostrata compagine invasata per il suo direttore. Indubbiamente potente, la sezione degli archi bisognava ascoltarla non solo impennarsi in dinamiche da capogiro ma trovare timbri e colori: ed è bello vedere i musicisti salutarsi abbracciandosi sul palcoscenico alla fine di ogni concerto.
Meriterebbe dar conto delle velocissime Quinta, Settima e Ottava, della Nona con la tonante prova del Coro del Maggio Fiorentino, e della lettura complessiva di Maazel maneggevole e patinata. Ma resta lo spazio per segnalare che: nei suoi primi cinque concerti pubblici a Roma, città dove ha sede da circa un anno, la Symphonica è stata accolta con calore e presenza crescente di spettatori; il servizio di sala della nuova gestione dell'Auditorio Conciliazione è apparso goffo e il bar carissimo.
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