Le parole nella memoria

Un invito alla memoria, questo è stato il messaggio che i Sentieri Selvaggi hanno voluto lanciare nel giorno del debutto della rassegna "Parole". Un invito a non dimenticare i partigiani fucilati, i treni della deportazione ebraica, l'uccisione di Aldo Moro. Programma impegnativo, ma ben articolato e musicalmente godibilissimo. Peccato che il Teatro Dal Verme fosse semivuoto, segno che la marcia di avvicinamento del grande pubblico alla musica contemporanea è tutt'altro che compiuta.

Recensione
classica
Teatro Dal Verme Milano
Sentieri Selvaggi
09 Maggio 2005
Un invito alla memoria, questo è stato il messaggio che i Sentieri Selvaggi hanno voluto lanciare nel giorno del debutto della rassegna "Parole. Verso una stagione di musica contemporanea". Un invito a non dimenticare i cento e più partigiani fucilati e lasciati precipitare nei Calanchi di Sabbiuno sui colli bolognesi, i treni della deportazione ebraica, l'uccisione di Aldo Moro. Programma impegnativo, è ovvio, ma ben articolato e musicalmente godibilissimo, soprattutto grazie alla consueta bravura dell'ensemble. Peccato che il Teatro Dal Verme fosse semivuoto, segno che la marcia di avvicinamento del grande pubblico alla musica contemporanea è tutt'altro che compiuta. E dire che il programma è stato tutt'altro che respingente, anzi: anche l'opera più ostica, "Dai calanchi di Sabbiuno" del compositore bolognese Fabio Vacchi (presentata nella versione originale per violino, violoncello, flauto, clarinetto basso e percussioni), non è parsa mai inutilmente cerebrale, ma sinceramente dolorosa nel far rivivere l'orrore delle esecuzioni nazifasciste. Hanno seguito una trascinante "Different trains" di Steve Reich, costruita su frammenti di voci su nastro e fischi di treni (il brano più riuscito del concerto), e il mantra liberatorio di "Wichita Vortex Sutra", testo di Allen Ginsberg e musica di Philip Glass, gridato dal sempre ottimo Moni Ovadia, a metà tra un poeta beat e un sacerdote in una chiesa di Harlem. Ha chiuso la serata un estratto dalla nuovissima opera di Filippo Del Corno, "Non guardate al domani", dedicata ai cinquantacinque giorni di prigionia di Aldo Moro, e basata sulle lettere e sui documenti autografi dello statista. Musicalmente forse meno interessante delle altre composizioni, le cinque lettere di Aldo Moro cantate dal baritono Roberto Abbondanza, hanno comunque saputo coinvolgere, con uno stile essenziale, teso interamente alla comprensione delle parole. Interessante novità il programma di sala elettronico consultabile all'indirizzo http://www.sentieriselvaggi.org, ricchissimo di link relativi ai temi trattati.

Interpreti: con la partecipazione straordinaria di Moni Ovadia

Orchestra: Sentieri Selvaggi (Marco Decimo violoncello, Emanuele Segre chitarra, Andrea Rebaudengo pianoforte)

Direttore: Carlo Boccadoro

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