Con "La bohème", dopo quasi quarant'anni con la lirica torna all'Arena Flegrea: con le sue bianche pareti di travertino e le sue torri metafisiche, certo la più bella delle architetture sorte all'interno della Mostra d'Oltremare. Proposta come spettacolo popolare, questt'allestimento pur seguendo una linea piuttosto tradizionale, non ha niente di plateale, ed anzi si presenta con un suo garbato decoro.
Recensione
classica
Teatro di San Carlo Napoli
Giacomo Puccini
21 Giugno 2004
Dopo quasi quarant'anni la lirica torna all'Arena Flegrea di Napoli: con le sue bianche pareti di travertino e le sue torri metafisiche, certo la più bella delle architetture sorte all'interno della Mostra d'Oltremare. Qui negli anni cinquanta e sessanta si svolgevano regolarmente concerti e rappresentazioni liriche estive; poi è seguito un lungo periodo di abbandono e di degrado e solo da due anni questa struttura, progettata nel 1937 da Giulio De Luca, è stata finalmente ripristinata.
Questa circostanza rende degna di ricordo una "Bohème" che nei programmi iniziali in realtà doveva andare in scena al San Carlo, come ripresa di un vecchio allestimento di Samaritani; la decisione di utilizzare l'Arena Flegrea ha fatto sorgere la necessità di nuove scene che sono state affidate alla cura di Pasquale Grossi. È nata così una "Bohème", reclamizzata come proposta popolare a prezzi contenutissimi. Ma lo spettacolo, pur seguendo una linea piuttosto tradizionale, non ha niente di plateale, ed anzi si presenta con un suo garbato decoro: le scene si stagliano con proprietà sul grande palcoscenico dell'Arena, in particolar modo nei due quadri intermedi "en plein air"; la regia di Italo Nunziata articola con mano felice l'approccio realistico, conferendo una persuasiva naturalezza al gioco scenico. Da parte del direttore, Nello Santi, si avverte l'intento di non cedere alla tentazione – pure comprensibile data l'acustica – non certo ottimale – di forzare i toni e di esagerare gli effetti; il lavoro con l'orchestra sembra essere stato condotto come in teatro, mettendo in atto la tavolozza completa delle dinamiche, scegliendo tempi attenti al senso degli accenti vocali e delle calcolate sottolineature orchestrali.
La compagnia risponde con grande professionalità a queste intenzioni. A cominciare dal coro fino ai due protagonisti: Fabio Sartori, a parte qualche accento un po' sopra le righe, è in buona forma, e si presenta con voce limpida e piena; Norah Amsellem, esibisce le sue ben note doti vocali con spigliatezza scenica e grande forza comunicativa. Per lei sono gli applausi più calorosi di un pubblico piuttosto folto.
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