Il maestoso Bruckner di Thielemann in casa Celibidache
Thielemann avvia il suo nuovo contratto di Generalmusikdirektor dei Münchner Philarmoniker con una delle partiture di culto del loro repertorio: la Quinta Sinfonia di Bruckner. Grande successo per una direzione che solo talvolta ha sfiorato l'accademismo.
Recensione
classica
Il saltello a piedi uniti, metà atletico metà buffo, con cui sale sul podio potrebbe da solo raccontare il modo entusiastico e vagamente sfrontato con cui Christian Thielemann ha inaugurato il suo contratto da Generalmusikdirektor dei Münchner Philarmoniker. Cominciare con la Quinta Sinfonia di Bruckner vuole infatti dire entrare in diretto confronto con una delle tradizioni sinfoniche più illustri di questa gloriosa orchestra: un nome su tutti, il grande Celibidache. L'atmosfera della serata è particolare: si sente chiaramente quanto sia stretto il rapporto fra la città e la più famosa delle proprie realtà musicali; molto calore, discorsi di benvenuto, brindisi, grandi festeggiamenti. Ma quando le luci si abbassano, il silenzio è quasi scioccante. È come se si aprisse un gigantesco vuoto: ora c'è posto solo per i suoni. Nell'acustica asciutta e impietosa della moderna sala, il pianissimo iniziale è davvero miracoloso: pulito, setoso, con pizzicati perfetti e un forte senso di concentrazione. Thielemann non sembra aver voluto lavorare sullo slancio dei temi, sull'aspetto romantico della sinfonia, quanto piuttosto sulla precisione dei contrappunti, sull'equilibrio delle sonorità, dando tuttavia a volte l'impressione di derogare a una visione davvero unitaria della partitura. Ma la riuscita del primo movimento è di alto valore artistico, con la sua maestosità tesa e trascinante; ancora meglio va il secondo, forse la parte musicalmente più intensa del concerto, con quel secondo tema agli archi così denso e scuro, violento e lancinante, magistralmente condotto nelle successive elaborazioni. Sono di aiuto al direttore delle prime parti di indiscutibile valore, perfette nelle melodie scoperte ma ottime anche nel tornare al lavoro d'insieme. Un po' meno riuscito il movimento finale, dove quella che potrebbe essere letta come un'eccessiva prudenza del direttore ha fatto sentire un po' di accademismo nella micidiale doppia fuga, e il gusto per l'apoteosi ha impedito più di una volta di tenere a freno la hybris degli ottoni. Ma le sue mani avevano appena fermato quel loro gesto così particolare, dal basso verso l'alto, e i suoni si erano appena spenti quando è partita la prima, fragorosa ondata di applausi. Nuove ovazioni, nuovi saltelli, nuovi brindisi, per salutare un avvio ricco di promesse.
Orchestra: Münchner Philharmoniker
Direttore: Thielemann
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
Jonas di Carissimi e Vanitas di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento
classica
Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.