Tutti "clienti" di una Violetta d'oggi

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Recensione
classica
Gran Teatro La Fenice Venezia
Giuseppe Verdi
12 Novembre 2004
Se potessimo mutare il nome un po' fané di Violetta con un altro più alla moda il gioco sarebbe presto fatto. In effetti soltanto i nomi restano della nota Traviata verdiana. Quella che ha inaugurato la ricostruita Fenice è quanto di più nuovo e moderno ci si possa attendere, a iniziare dal recupero simbolico della partitura dell'Ur-Traviata (a opera di Fabrizio Della Seta) fischiata nel 1853 proprio in quel teatro, che differisce in alcuni dettagli marginali con quella d'uso del 1854, vocalmente più accessibile. Così come aveva desiderato Verdi per la scandalosa versione originaria, Robert Carsen (due volte vincitore del Premio Abbiati) ne disegna ora una lettura attualizzata, amara e intrigante al contempo, in cui dominano i temi della prostituzione e del denaro, che nel primo quadro del second'atto cade a pioggia dalle betulle (un fondale effetto poster) del giardino di campagna della protagonista. La camera da letto di Violetta, che appare subito in un negligé velatissimo e succinto, è il fulcro del bordello di lusso entro cui è ambientato l'atto di apertura: eterogenee figure abbigliate in vesti anni '70 partecipano a una festa stile 'dolce vita', simulando movenze erotiche, spinellando (la stessa Violetta si fa iniettare dell'eroina), mentre Alfredo intona "Libiam ne' lieti calici" seduto al pianoforte (bianco). Smodata è pure l'idea della seconda festa, quella in casa di Flora, una specie di casinò stucchevole, frequentato da una società corrotta attratta dal denaro, che si anima per il siparietto coreografico che unisce conigliette e pistoleri hollywoodiani luccicanti, seminudi e ammiccanti. Tutto scorre come in un musical, o in un varietà, in cui vizi e mali odierni si intersecano e tutti, amanti autentici e spettatori, sono in qualche modo in relazione con Violetta, denudata, spiata in casa, in camera da letto, nella stanza da bagno. Disadorna la scena finale che segna la morte della protagonista; una stanza priva di letto, con un castello da imbianchino, bidoni di vernici, squallore e cellophane arrotolato per terra. Qui Violetta muore tra l'indifferenza degli imbianchini che si accendono una sigaretta e scrutano i muri calcinati da ridipingere, segno che oggi anche la morte non fa più notizia. Una Traviata nuova e stimolante visivamente, sorretta dalla bacchetta di Lorin Maazel con nitore e finezza analitica eccezionali. Spavaldo, brillante e di vocalità impetuosa è apparso Roberto Saccà, un Alfredo di pelle vestito con la mania nipponica di fotografare Violetta in tutte le salse. Il Germont di Dmitri Hvorostovsky è solidamente disegnato, registicamente cupo e austero. Patrizia Ciofi, possiede una voce piccola ma agile per calarsi negli artifici della parte di Violetta: tuttavia risulta un tantino forzata e innaturale negli acuti e poco passionale nell'insieme, sebbene sia bella e si muova benissimo in scena. Bravi anche gli artisti di fianco e il coro. Serata mondana: ministri, politici, protagonisti dell'alta moda e della finanza, Romano Prodi, i reali del Belgio, aristocratici a iosa ecc. ecc. Tutti hanno apprezzato la novità e gli applausi sono stati calorosissimi. Maria Girardi

Interpreti: Violetta Valéry Patrizia Ciofi [12, 14, 16, 18, 20/11] Maria Luigia Borsi [13, 17, 19/11], Alfredo Germont Roberto Saccà [12, 14, 16, 18, 20/11] Dario Schmunck [13, 17, 19/11], Giorgio Germont Dmitri Hvorostovsky [12, 14, 16, 18, 20/11] Luca Grassi [13, 17, 19/11], Flora Bervoix Eufemia Tufano, Annina Elisabetta Martorana, Gastone Salvatore Cordella, Il barone Douphol Andrea Porta, Il dottore d'Obigny Vito Priante, Giuseppe Luca Favaron, Un domestico Salvatore Giacalone, Un commissionario Antonio Casagrande

Regia: Robert Carsen

Scene: Patrick Kinmonth

Costumi: Patrick Kinmonth

Corpo di Ballo: Ballerini Max Battocchio, Stefania Benedetti, Eleonora Bolzan, Mirco Boscolo, Corrado Celestini Campanari, Valerie Erken, Paolo Grisorio, Ilaria Landi, Michele Mesiti, Pietra Piccione, Tommaso Renda,

Coreografo: Philippe Giraudeau

Orchestra: Orchestra del Gran Teatro La Fenice

Direttore: Lorin Maazel

Coro: Coro del Gran Teatro La Fenice

Maestro Coro: Piero Monti

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