Semele a mezze tinte

Qualcosa non ha funzionato in questa opera-oratorio "Semele" prodotta al Théâtre Champs Elysées. Eppure tutto sembrava promettere una produzione storica...

Recensione
classica
Théâtre des Champs Elysées Parigi
G.F. Haendel
06 Febbraio 2004
Qualcosa non ha funzionato in questa opera-oratorio "Semele" prodotta al Théâtre Champs Elysées. Eppure tutto sembrava promettere una produzione storica. Un cast d'eccellenza con Annick Massis nei panni del ruolo principale e la bacchetta affidata al rodatissimo Marc Minkowski, che ha dalla sua una profonda conoscenza del barocco italiano e francese (e dei due stili vi sono profonde tracce nella produzione di Haendel) sembravano due qualità che, da sole, avrebbero potuto garantire il miracolo. Invece, lo spettacolo non è riuscito a decollare. A dispetto di qualche momento di una radiosa qualità. In genere, una delle principali qualità di Minkowski è quella di usare tutte le tinte della tavolozza: il direttore francese sa usare i tempi, variando l'agogica da un estremo all'altro, e le dinamiche dal pianissimo al fortissimo. Purtroppo, una simile varietà non la si è ritrovata in questa "Semele" condannata ad una certo grigiore mezzo-piano. Senza contare che gli archi eccessivamente presenti hanno soffocato non solo le voci, ma anche gli strumenti a fiato impercettibili. Annick Massis ha mostrato un certo (incomprensibile, visti i suoi eccelsi trascorsi) disagio per questo ruolo. Bello certo il suo timbro, sempre prodigiosa la sua tecnica, ma la sua prestazione è apparsa complessivamente opaca. Ai limiti dell'inudibile è stata poi l'esecuzione del soprano Claron McFadden. Vera stella vocale è invece sembrato il tenore americano Richard Croft, che ha brillato su tutti: indimenticabile l'aria del II Atto "Where'er you walk". Per terminare, il regista scozzese David McVicar ha abusato della routine. La sua lettura avrebbe voluto evitare le convenzioni, scivolando nei clichés. A sua discolpa va detto che mettere le mani su "Semele" non è un affare da poco: cosa fare con quest'opera fortemente marcata dalla tradizione dell'oratorio, con ampie sezioni corali di commento dell'azione? Ma allora, perché non scegliere di rinunciare alla regia, adottando una più filologica esecuzione in "forma di concerto"? Certo, con tanti artisti di rango, momenti di magia non sono mancati. E Haendel ci ha messo, ovviamente, lo zampino.

Interpreti: Richard Croft, Jupiter; Sarah Connolly, Juno; Claron McFadden, Iris; David Pittsinger, Cadmus/Somnus; Andrew Tortise, Apollo; Stephen Wallace, Athamas; Annick Massis, Semele; Charlotte Hellekant, Ino; Marion Marousseau, Cupido

Regia: David McVicar

Scene: Tanya McCallin

Costumi: Brigitte Reiffenstuel

Coreografo: Andrew George

Orchestra: Orchestra Les musiciens du Louvre

Direttore: Marc Minkowski

Coro: Coro Les musiciens du Louvre

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Jonas  di Carissimi e Vanitas  di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento

classica

Napoli: Dvorak apre il San Carlo

classica

Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.