Comincia con un tono da cabaret alla Kurt Weill e termina con un duetto roboante che ricorda lo Strauss di "Arianna a Nasso": "Der Kreidekreis", rappresentata per la prima volta a Zurigo nel 1933, si muove in bilico tra questi due poli stilistisci, da una parte la Zeitoper con tanto di bordello, dall'altra il dramma musicale di stampo wagneriano nelle sue propaggini tardoromantiche. Il testo dell'opera è una pièce teatrale del poeta tedesco Klabund, a sua volta basata su un dramma cinese del Trecento. La storia di Tschang Haitang, che da prostituta diventa imperatrice dopo aver passato numerose traversie, viene infarcita dallo scrittore con punte di teatro epico ed un'acuta sensibilità per la satira sociale. Zemlinsky mette in musica il testo integrale del dramma con un impianto melodrammatico che ricorda in parte "LOpera da tre soldi", ma con l'ausilio di una partitura raffinatissima in cui l'elemento esotico è una presenza assai discreta. Dialoghi cantati, parlati o melologhi si alternano con momenti di espressività lirica più distesa in una drammaturgia che tutto sommato resta assai compatta.
Stranamente quest'opera ha tratto poco profitto dalla riscoperta della musica di Zemlinsky che il mondo musicale tedesco ha fatto a partire dagli anni Ottanta. E questo è un vero peccato, dato che si tratta forse della sua opera migliore, in fondo più incisiva ed intellettuale di lavori più popolari come "Una tragedia fiorentina" o "Il nano". In questo senso la messinscena presentata ieri all'Opernhaus di Zurigo, che ha ripreso l'opera per la prima volta settant'anni dopo la sua prima assoluta, potrebbe passare agli annali, e questo non solo come semplice operazione culturale. Da un visionario come David Pountney ci si aspettava una regia baroccheggiante ed eccessiva. Ed invece il regista britannico si è adeguato palesemente alla struttura asciutta del dramma e ne ha tirato fuori una messa in scena dai colori elementari, dalle luminosità taglienti e dalle forme geometriche, grazie soprattutto alle folgoranti scenografie di Johan Engels e alle luci di Jürgen Hoffmann.
Geniale è poi l'idea di far recitare la maggior parte dei dialoghi a sei attori che, seduti in direzione del pubblico su delle poltrone poste al di sotto della scena sopraelevata, non si limitano a partecipare all'azione con la voce, ma contribuiscono agli eventi entrando in scena o semplicemente passando requisiti ai loro alter ego vocali. Questa soluzione di regia conferisce alla maggior parte degli eventi il carattere di una polifonia drammatica, nella quale i cantanti sulla scena accompagnano la parola degli attori con una suggestiva pantomima, spesso conferendo al testo nuovi significati tramite una gestualità a volte stilizzata.
Il giovane direttore Alan Gilbert ha smussato l'apparente opulenza della partitura, adeguandosi alla messinscena con una direzione scevra di ogni enfasi romantica ed una compagine orchestrale che sembra tagliata con l'accetta. Peccato che il cast vocale non fosse sempre all'altezza, soprattutto nei ruoli principali. Brigitte Hahn ha sicuramente la stoffa per un ruolo lirico-spinto come quello di Tschang Haitang, ma lascia un po' a desiderare nell' intonazione e nel fraseggio, spesso un po' faticoso nei passaggi di registro. Nel ruolo di Pao, che nel finale richiede un piglio da Heldentenor, Francisco Araiza non è sicuramente l'interprete ideale, anche perché la sua voce ha perso molto dello smalto di un tempo. Ottimo il resto del cast, soprattutto Rodney Gilfry, che conferisce prestanza fisica e vocale al ruolo di Tschang Ling, László Polgár, nel ruolo del mandarino Ma, Oliver Widmer, che rende con sapienza vocale il perfido ruolo di Tschao, e soprattutto Cornelia Kallisch nella parte della 'cattiva' Yü-pei, anche se la tessitura acuta del ruolo si rivela un po' ingrata al carattere contraltile della sua voce.
Lunghi applausi e ovazioni, soprattutto per la splendida regia.
Interpreti: Irëne Friedli, Brigitte Hahn, Cornelia Kallisch, Christiane Kohl, Katharina Peetz, Francisco Araiza, Rodney Gilfry, Peter Keller, Laszlû Polgar, Oliver Widmer, Peter Arens, Bernhard Bettermann, Aniko Donath, Louise Martini, Horst Warning, Andreas Zimmermann
Regia: David Pountney
Scene: Johann Engels
Direttore: Alan Gilbert