I due mondi di Thais

Sacro e profano sono i due poli su cui si gioca l'opera di Massenet/Gallet, la direzione di Viotti ha saputo restituire la grande varietà di toni della partitura. L'allestimento scenico poteva evitare l'eccessiva insistenza su un simbolismo alla fine pesante.

Recensione
classica
Gran Teatro La Fenice Venezia
Jules Massenet
23 Novembre 2002
Quella andata in scena questa sera è un'opera che ha come snodo vitale la conversione della prostituta. Un centro, questo, non solo tematico, ma anche fisico (data la sua collocazione esattamente a metà del libretto), che ripropone, a livello macroscopico, il bipolarismo da cui prende il moto la macchina ideata da Gallet/Massenet. L'opposizione tra sacro e profano (peccato e redenzione) è, per così dire, lo spunto su cui si costruisce un congegno teatrale dal meccanismo infallibile, che, giocando con la forte simmetria di partenza, organizza confusioni o scambi di ruolo, che sono poi la rappresentazione più sincera della poliedrica realtà. Per fare qualche esempio: è estremamente riuscita l'idea di introdurre la protagonista solo nel secondo quadro del primo atto, dopo cioè che i cenobiti l'hanno descritta come una perfida meretrice fonte di ogni male; al suo apparire le attese sono disilluse: quella che si presenta è una donna, sì sensuale, ma anche dolce e sottilmente seducente che non desta repulsione, ma attrae. Athanaël è un fervido credente, ma gracile nelle sue convinzioni, se alla conclusione dell'opera si esprime con quelle che erano state le parole della meretrice. La direzione, precisa ed energica, del Maestro Viotti ha saputo far risaltare tutti i colori che la tavolozza, creata da Massenet, mette a disposizione per ricreare nell'immaginario la variegata psicologia dei personaggi; grande attenzione è stata, inoltre, posta alla sincronia tra musica e movimenti. Ottime le voci del cast: Eva Mei (Thaïs) in particolare ha restituito una prova di alto livello sia per capacità tecniche, che per presenza scenica. L'allestimento è apparso estremamente riuscito, fin tanto che si è mantenuto fedele evocatore del racconto. Geniale nella sua essenzialità, la scenografia riproduceva uno spazio neutro (strutture cubiche e scalinata centrale) distribuito in altezza - data la scarsa profondità del palcoscenico - che la luce trasformava ora in deserto, ora in città popolosa. Molto elaborati, al contrario, i costumi, anch'essi ben differenziati: pomposi e sfavillanti per i cittadini, semplici tuniche per i monaci. La regia, ha, poi, saputo interpretare i movimenti suggeriti sia dal racconto, che dalla musica. Nel momento in cui, però, si è voluto forzare sul simbolismo, utilizzando segnali fin troppo espliciti (a partire dal quarto quadro), si è persa la magia dell'immaginazione: si poteva, forse, evitare l'eccessiva insistenza sul crocefisso, simbolo della redenzione cristiana. Il pubblico ha salutato con entusiasmo l'inaugurazione della nuova stagione lirica.

Note: nuovo all.

Interpreti: Thais: Eva Mei; Athanael: Michele Pertusi; Nicias William Joyner.

Regia: Pier Luigi Pizzi.

Scene: Pier Luigi Pizzi.

Costumi: Pier Luigi Pizzi.

Coreografo: Gheorghe Iancu

Orchestra: Orchestra del Teatro la Fenice

Direttore: Marcello Viotti

Coro: Coro del Teatro la Fenice

Maestro Coro: G. Tourniaire

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Jonas  di Carissimi e Vanitas  di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento

classica

Napoli: Dvorak apre il San Carlo

classica

Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.