Haendel e Asterix

Marco Minkowski torna al Palais Garnier con "Giulio Cesare". Un'esecuzione attenta alle fonti. Mentre la regia è essenzialmente fumettistica: molta cartapesta e gas da teatro di boulevard

Recensione
classica
Théâtre des Champs Elysées Parigi
Georg Friedrich Haendel
27 Settembre 2002
Marc Minkowski torna a rappresentare Haendel al Palais Garnier. Lo scorso anno era stato il turno di un "Ariodante", tanto entusiasmante in disco quanto assai delundente sul palcoscenico. Ora tocca a "Giulio Cesare". La produzione non è nuovissima: la stessa gira all'Opéra national parigino dal 1988. Ma il ruolo di Minkowski e un cast interamente rinnovato hanno certo destato non poche attese. Peccato che dopo una assai vistosa campagna pubblicitaria David Daniels abbia dichiarato forfait. O meglio riprenderà il ruolo eponimo solo a partire dalla rappresentazione del 6 ottobre. Per il momento, nei panni di Giulio Cesare è scivolata Marijana Mijanovic: una strabiliante Penelope nel "Ritorno di Ulisse in patria" monteverdiano, presentato (e poi ripreso) al Festival di Aix-en-Provecence due anni fa; purtroppo il contralto ha rivelato, alle prese con Haendel, gravi deficienze di volume, che hanno fatto passare le sue prestazioni per quelle di un attore in un film muto. Invece, ha dominato la prestanza vocale di Stephanie Blythe. E Danielle de Niese ha mostrato di avere tante frecce nella faretra: tanto brava come attrice quanto come cantante. Marc Minkowski conferma ancora una volta di conoscere bene il repertorio barocco, di cui padroneggia il linguaggio (mai scivola, ad esempio, nel preziosismo di maniera), ma adotta un'agogica che non sempre convince. È noto il suo gusto per i tempi rapidi. Ma la novità, di cui già "Ariodante" era stato un laboratorio di sperimentazione, è la tendenza a dilatare i tempi lenti. Sono i cantanti per primi a farne le spese. Ma anche la condotta generale dell'opera fatica. La costruzione drammaturgica complessiva ne risulta spezzettata. La regia di Nicholas Hytner è colorata e gioca la carta della caricatura. A giudicare dalla risate del pubblico, si tratta di una scelta vincente. Ma si esce dallo spettacolo con dubbio: in tempo di ricostruzione e esecuzioni filologiche, è accettabile una simile sfasatura tra la resa musicale e quella scenica? Il regista non dovrebbe, al pari di musicisti e cantanti, essere abitato da uno scrupolo di autenticità? Invece, la regia di questo "Giulio Cesare" è uno sberleffo all'opera seria, che gli artisti prendono, al contrario, molto sul serio. Sicuramente uno "iatus" su cui chi si occupa di barocco dovrebbe cominciare a riflettere.

Interpreti: Marijana Mijanovic (Giulio Cesare), Danielle de Niese (Cleopatra), Bejun Mehta (Tolomeo), Stephanie Blythe (Cornelia), Sarah Connolly (Sesto), Franck Leguérinel (Achilla), Dominique Visse (Nireno), Kevin Greenlaw (Curio)

Regia: Nicholas Hytner

Scene: David Fielding

Costumi: David Fielding

Orchestra: Orchestra e coro Les musiciens du Louvre-Grenoble

Direttore: Marc Minkowski

Maestro Coro: Christophe Grapperon

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