Stranissima quest'ultima (ed incompiuta) opera di Jacques Offenbach. In cerca di autorità, il prolifico autore di opéras-bouffes muore prima di poter assistere al successo, parigino innanzi tutto e internazionale poi, dei "Contes d'Hoffmann" che avrebbero dovuto dargli una volta per tutte il titolo di "compositore serio". L'opera dilata i tempi del dramma romantico, ormai sfilacciato: la gestione dello spazio è ciclica con il ritornare dell'epilogo al punto di partenza esposto dal prologo; mentre l'azione fagocita i tre drammi del poeta e compositore Hoffmann. E, approffitando dell'impostazione "fantastica", Offenbach gioca con gli stili e con i generi: da Mozart a Meyerbeer fa capolino, nella partitura, un bel pezzo della storia del melodramma. Per un regista allestire "Les contes d'Hoffmann" deve essere una sfida palpitante in cui ci si può perdere con molta facilità. La produzione dell'Opéra di Parigi finge di cominciare in sordina. Le tende si levano dieci minuti prima dell'inizio, quando ancora i musicisti accordano gli strumenti. Niente di più di un fondale nero, completamente spoglio. Hoffmann (alias Neil Shicoff) è già a terra. Chi sospetta un allestimento da "arte povera", tutto minimalismo allusivo, non ha fatto i conti con l'inventiva di Carsen. Appena la bacchetta di Lopez-Cobos si leva, un vero virtuosismo registico si scatena: è tutto un susseguirsi e rincorrersi di scene che lasciano lo spettatore senza fiato. Certamente uno dei momenti più riusciti è il II Atto con la scena divisa in due: è trasposto sul palco lo spaccato di un teatro d'opera, dalla fossa alla scena. E le citazioni metateatrali in quest'opera abbondano e Carsen ne aprofitta. È ancora questa la scelta del III atto con i personaggi su scena a metà tra il pubblico vero di Bastille e quello finto di un ipotetico teatro veneziano (in cui le poltrone seguono il ritmo cullante delle gondole: trovata che diverte molto gli spettatori). Senza dubbio, questa produzione conferma la genialità di Carsen e i mezzi potenziali di un teatro a sé (a cominciare dalle faraoniche proporzioni), come Bastille. Che ha dimostrato di sapere, a volte, uscire dalla routine e regalare al pubblico uno spettacolo prodigioso. Va certo omaggiato pure il cast. Segnaliamo almeno le prodezze vocali e il talento di attrice della palermitana Désirée Rancatore, il bellissimo timbro di Ruth Ann Swenson e la pienezza profonda del baritono Alain Vernhes. Hanno dominato il dramma Neil Shicoff e Bryn Terfel. Resta un augurio: che Les contes di Bastille finiscano presto in DVD
Interpreti: Neil Shicoff (Hoffmann), Susanne Mentzer (La Muse / Nicklausse), Bryn Terfel (Lindorf/ Coppélius/ Dapertutto/ Dr Miracle), Michel Sénéchal (Andres/ Cochenille/ Frantz/ Pitichinaccio), Désirée Rancatore (Olympia), Ruth Ann Swenson (Antonia), Béatrice Uria-Monzon (Giulietta), Nora Gubisch (La Voix), Jean-Luc Maurette (Nathanael), Christian Jean (Spalanzani), Josep Miquel Ribot (Hermann), Nigel Smith (Schlémil), Alain Vernhes (Luther/ Crespel)
Regia: Robert Carsen
Scene: Michael Levine
Costumi: Michael Levine
Coreografo: Philippe Giraudeau
Orchestra: Orchestra dell'Opéra national de Paris
Direttore: Jesus Lopez-Cobos
Coro: Coro dell'Opéra national de Paris
Maestro Coro: Peter Burian