L'opera come officina culturale

Recensione
classica
Klangbogen Wien Wien
Hans-Jürgen von Bose
05 Agosto 2002
Da un paio d'anni il Semper Depot, un immenso deposito e atelier appartenente all'Accademia delle belle arti viennese, viene sfruttato per la presentazione di alcuni progetti musicali e per la messa in scena di opere liriche contemporanee. Questa cornice architettonica è senz'altro molto interessante e si addice perfettamente ad un tipo di produzione e di regia che tendono a fuoriuscire dai canoni più tradizionali. Per il nuovo allestimento di 63: Dream Palace, opera eseguita per la prima volta nell'ambito della Biennale di Monaco, la regista Mascha Pörzgen si deve confrontare direttamente con le particolarità di questo luogo, le cui suggestive sembianze sembrano alludere al palazzo del titolo dell'opera. Orchestra e palcoscenico sono un tutt'uno e si trovano sullo stesso livello e i cantanti si muovono con disinvoltura in tutti gli spazi offerti dalla struttura, compresi quelli occupati dal pubblico. I movimenti scenici si articolano contemporaneamente in diversi spazi, riprendendo la complessità della vicenda narrata, che rinuncia ad uno svolgimento logico e temporale rettilineo per fare spazio ad una molteplicità dei punti di vista. Nonostante ciò le direttive di regia sono semplici, quasi spartane. Gli oggetti sulla scena sono gli stessi per tutta la durata dell'opera; i gesti pacati e sobri; i costumi moderni ma privi di uno spirito provocatorio; le allusioni simboliche poche ma molto incisive... La resa canora degli interpreti è chiara, di intento cameristico e i cantanti, che come abbiamo detto agivano quasi tra il pubblico, si sono mossi con sicurezza e ricchezza di espressione attraverso il polistilismo quasi virtuosismo della partitura di Bose. Lo stesso possiamo dire dell'orchestra, formata come il cast dei cantanti da giovanissimi esecutori. Questa viene sfruttata dal compositore in tutte le sue possibilità timbriche e espressive e condotta con cristallina trasparenza dal direttore Walter Kobéra, i cui gesti anche il pubblico poteva seguire sulle televisioni sparse per la sala destinate ai cantanti. Grazie a tutti questi accorgimenti lo spettatore è testimone di chiarezza e di trasparenza esecutiva e per una volta, invece di abbandonarsi al mondo di illusioni dell'opera intesa come fabrica di sogni, egli è dentro la scena, dentro a quella macchina culturale, e non solamente assieme di convenzioni, che è l'opera.

Note: Prima rappresentazione austriaca

Interpreti: Erik Arman, Isabel Marxgut, Peter Thunhart, Anna Maria Pammer, Ariane Arcoja, Gerson Luiz Sales, Michael Wagner

Regia: Mascha Pörzgen

Scene: Christof Cremer

Orchestra: Amadeus Ensemble-Wien

Direttore: Walter Kobéra

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Jonas  di Carissimi e Vanitas  di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento

classica

Napoli: Dvorak apre il San Carlo

classica

Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.