Mirra incestuosa e originale
Recensione
classica
La Mirra non è più un mistero. L'opera di Domenico Alaleona si è rivelata meno astrusa di quanto potevano far pensare le sue teorie sulla divisione dell'ottava (che si materializzano soltanto nella breve frase pentatonica che nell'Intermezzo raffigura l'abnorme passione incestuosa di Mirra) ma era senz'altro molto coraggiosa per l'Italia dei primissimi anni del Novecento. Il suo aspetto più interessante è l'armonia, che è ricca di momenti originali ma a volte rivela anche un attento studio di quanto facevano i compositori d'oltralpe, con frequenti riferimenti quasi letterali allo Strauss di Salome e Elektra, oltretutto collegate alla Mirra anche dall'argomento a base di amori incestuosi e tragedie famigliari. All'inizio appare meno interessante la scrittura vocale, un recitar cantando arcaicizzante, che rivela gli interessi musicologici di Alaleona per la musica italiana del Seicento e per Carissimi in particolare: ma poi ci si accorge che questo declamato un po' statico e inerte è solo il mezzo per rendere l'assente malinconia dell'adolescente Mirra e il suo stupore per la passione sconosciuta che sente crescere per il padre Ciniro. Quando invece la tragedia scoppia, questo recitativo si fa più contorto, il testo viene teso e deformato melodicamente e ritmicamente, giungendo a esasperazioni e parossismi pre-espressionisti. Solo Ciniro ha frasi più distese e semimelodiche, perché è l'unico a ignorare (o fingere di ignorare) la passione incestuosa della figlia. Certamente le scelte musicali di Alaleona (come anche l'idea di musicare il quarto e il quinto atto della tragedia di Alfieri rispettando fedelmente il testo originale) appaiono intellettualistiche, ma riescono a trasformarsi in teatro vero, dando vita a grandi scene di notevole effetto drammatico e una ben dosata progressione della tensione fino ai climax che chiudono i due atti. La Mirra è stata riproposta all'attenzione nel modo migliore. Gli interpreti hanno risolto nel migliore dei modi questi personaggi complessi non tanto per le difficoltà strettamente vocali quanto per il problema di trovare la chiave giusta per un musicista così diverso da tutti i suoi contemporanei italiani: Denia Mazzola è stata una grande protagonista e i suoi partner sono stati inappuntabili. Reynald Giovaninetti ha messo in piena luce l'originalità e anche la forte qualità espressiva dell'orchestrazione. La regia di Piera Degli Esposti è stata molto efficace nello scarnificare al massimo questa vicenda di passioni tremende ma represse e nascoste. È stata una sorpresa vedere il pubblico accogliere entusiasticamente quest'opera sconosciuta e certamente non facile. Evidentemente i tempi sono cambiati e la Mirra non fa più paura: infatti, mentre Alaleona dovette aspettare otto anni dalla fine della composizione (1912) alla prima rappresentazione (1920) e poi per oltre ottanta anni nessuno aveva avuto il coraggio di riproporla al pubblico, ora è già annunciata una nuova ripresa, al festival di Montpellier del 2003.
Note: nuovo all.
Interpreti: Denia Mazzola, Paolo Coni, Ezio Di Cesare, Chiarastella Onorati, Francesca Castelli
Regia: Piera Degli Esposti
Scene: Giovanni Carluccio
Orchestra: Orchestra Filarmonica Marchigiana
Direttore: Reynald Giovaninetti
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