Amadigi, magia barocca in una cornice inadeguata

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Recensione
classica
Teatro di San Carlo Napoli
Georg Friedrich Haendel
20 Aprile 2002
Con "Amadigi di Gaula", Haendel torna ad essere rappresentato a Napoli dopo oltre cinquant'anni di assenza: ci si aspetterebbe una notevole presenza di pubblico e invece alla prima di questo nuovo allestimento sancarliano di gente ce n'è proprio pochina. Evidentemente, malgrado il successo internazionale di Florio e dei suoi Turchini, per la platea napoletana la messa in scena di un'opera barocca è ancora qualcosa per cultori della materia, né più né meno di una performance d'avanguardia. C'è pur da dire che l'allestimento, progettato per il Teatro di corte di Palazzo Reale, in assenza del benestare della Sovrintendenza, ha dovuto ripiegare sugli ambienti ben poco invitanti del Politeama, la cui acustica è davvero infelice. E' un po' un peccato, perché "Amadigi", tra le opere haendeliane meno eseguite in assoluto (questa del San Carlo è la prima messa in scena italiana ), ha non poche meraviglie da esibire: basti pensare a due arie toccanti come "Pena tiranna" e "O caro mio tesor". Il soggetto magico - incentrato sui sortilegi che la maga Melissa, in combutta con Dardano, mette in atto per allontanare Amadigi di Gaula dalla sua amata Oriana - spinse Haendel a servirsi di mirabolanti macchine sceniche; a dispetto di un libretto piuttosto convenzionale, di una struttura basata su quattro soli personaggi, tutti affidati a voci acute, la partitura riesce a delineare mirabilmente una grande varietà di 'affetti', rimaneggiando in parte il materiale approntato precedentemente per il "Lucio Silla". Massimo Gasparon, già valente collaboratore di Pierluigi Pizzi, cala lo spettacolo in piena temperie barocca, attraverso sontuosi costumi e magnifici elementi scenici che utilizzano con grande pertinenza un lessico che si direbbe berniniano ( colonne tortili, quinte di porfido, obelischi, fontane, mascheroni ); viaggiano sullo stesso binario anche le scelte relative alla gestualità e alle coreografie di Deda Cristina Colonna, purtroppo rese con impaccio quasi imbarazzante dagli allievi della scuola di ballo del San Carlo. Tra le quattro cantanti, fortemente penalizzate da una struttura teatrale che nemmeno alle voci più potenti permette di arrivare in fondo alla platea, emergono con legittima evidenza vocale Sonia Prina, in quel ruolo di Amadigi che fu pensato per il celebre 'Nicolino' Grimaldi, e Eleonora Contucci nella parte di Melissa; il bel timbro non basta invece ad Elisabetta Scano per dare accenti stilisticamente convincenti a Oriana, mentre Sophie Pondjiclis appare molto in difficoltà con la tessitura, fino ad apparire quasi afona nel registro grave. Sul podio Rinaldo Alessandrini sceglie un partito interpretativo convincente, in cui l'approccio filologico si combina con una forte carica emozionale, raggiungendo risultati più che dignitosi nel compito non facile di restituire una trama strumentale di straordinaria finezza com'è quella di "Amadigi", con la compagine sancarliana che utilizza strumenti moderni.

Note: nuovo all.

Interpreti: Prina, Contucci, Scano, Pondjiclis

Regia: Massimo Gasparon

Coreografo: Deda Cristina Colonna

Orchestra: Orchestra del Teatro di San Carlo

Direttore: Rinaldo Alessandrini

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