Capriccio in tempo di crisi

In un San Carlo con l'incubo del commissariamento, dopo la Turandot firmata David Hockney, Tancredi con le icone di Mimmo Paladino, è venuto il turno di Capriccio di Strauss messo in scena da Arnaldo Pomodoro

Recensione
classica
Teatro di San Carlo Napoli
Richard Strauss
09 Aprile 2002
In un San Carlo con l'incubo del commissariamento, dopo la Turandot firmata David Hockney, Tancredi con le icone di Mimmo Paladino, è venuto il turno di Capriccio di Strauss messo in scena da Arnaldo Pomodoro, terza produzione del cartellone 2002 all'insegna di uno stimolante connubio fra opera di repertorio e arte contemporanea. Riproporre l'ultimo grande lavoro di Strauss è di per sé un'iniziativa meritoria: Capriccio dalle nostre parti non si può dire sia di casa ed è un gran peccato perché, a dispetto delle espressioni di modestia dell'autore ( "un passatempo da vecchi"), si tratta di una vera e propria summa del pensiero musicale straussiano, nella quale la citazione elevata a sistema compositivo si manifesta come testamentaria dichiarazione di fede nella tradizione musicale borghese. Questo non è l'ultimo dei motivi che rende Capriccio un'opera estremamente impegnativa dal punto di vista esecutivo: oltre due ore di discussione su un tema, di interesse così poco comune, come quello della priorità della musica nel teatro lirico, un'azione che concede ben pochi appigli a trovate registiche di sorta, una costruzione musicale raffinatissima all'insegna del pastiche, la cui struttura è tanto complessa quanto perfettamente in vista. Nell'allestimento del San Carlo non mancano aspetti di pregio, ma in generale si ha la sensazione che lo spettacolo sia piuttosto disomogeneo: la regia garbata di Ivo Guerra (ma perché eliminare lo specchio nell'ultima scena?), l'impianto visivo astratto di Pomodoro e i costumi (stranamente sdoppiati : quelli sontuosi della contessa affidati a Roberto Capucci, gli altri, sobriamente settecenteschi, di Giusi Giustino), sembrano corrispondere ad idee non perfettamente collimanti fra loro. In compenso la parte musicale funziona a dovere. Gli interpreti vocali si dimostrano quasi tutti all'altezza del loro compito precipuo: far scorrere con la più amabile naturalezza la loro Konversation fur Musik. June Anderson, al suo esordio in un ruolo straussiano, modella la parte della Contessa con grande personalità scenica e con le doti vocali che le sono proprie. Un altro debutto positivo nel teatro di Strauss è quello dell'esperto Roland Bracht, eccellente La Roche. Nel complesso gli altri interpreti appaiono tutti in possesso di mezzi vocali adeguati. A sostegno e contrappunto della compagnia di canto, l'orchestra risponde quasi sempre puntualmente alla direzione di Gustav Kuhn, che tiene le redini del gioco con perfetta sicurezza e infondendo alla partitura quel calore e quegli slanci emotivi che attraversano in modo inconfondibile il metastorico atteggiamento straussiano, facendone cosa ben diversa dal distacco di marca neoclassica a cui si sarebbe tentati di ricondurlo.

Note: nuovo all.

Interpreti: Anderson, Ludlow, Schneider, Sharp, Bracht, May, Sica, Antonucci, Saudelli

Regia: Ivo Guerra

Scene: Arnaldo Pomodoro

Costumi: Giusi Giustino (i costumi di June Anderson sono appositamente realizzati da Roberto Capucci Alta Moda - Roma)

Orchestra: Orchestra del Teatro di San Carlo

Direttore: Gustav Kuhn

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