Sappiamo come Astor Piazzolla rappresenti una delle personalità più caratteristiche della musica del secondo Novecento, espressa attraverso un mondo sonoro che racchiude in ogni nota, in ogni scarto ritmico un preciso immaginario musicale e culturale, passato attraverso gli occhi passionali, malinconici e disincantati di un compositore argentino che definiva il tango e, quindi, la sua musica "un pensiero triste che si suona", parafrasando Discepolo. Tutto un mondo che troviamo racchiuso nel preciso equilibrio dal sapore surreale di "Maria de Buenos Aires" prima ed unica "operita de Tango" che il musicista compose, eseguita per la prima volta nel 1968, e proposta ieri sera nell'ambito della tredicesima edizione del Ravenna Festival realizzata in coproduzione con il Comunale di Bologna. In poco meno di due ore di musica, danza e recitazione, ritroviamo tutta l'atmosfera dell'ideale artistico piazzolliano, articolato nella precisa, schematica struttura drammaturghica e rispecchiato in quella nebbia fascinosa di rimandi che tratteggiano i testi di Horacio Ferrer. La vicenda della protagonista, pensata come un viaggio dalla periferia al cuore della città alla scoperta del proprio tragico destino diviso tra passione, amore e morte, altro non è che un simbolo, una traccia, un filo sottile e spesso trasparente sul quale intessere sensazioni, immagini, gesti e tanta musica. Fin dalle prime battute ritroviamo l'inevitabile gusto, caratteristico del compositore, per una struttura formale precisa, studiata, ma che riesce magicamente ha creare una perfetta cornice che abbraccia nella maniera più naturale i trascinanti ritmi del tango - ridisegnati sulla scena dalle belle coreografie di Miguel Angel Zotto - nutriti da sonorità dense, suoni palpabili. In questa alchimia ingrediente centrale non poteva che essere il bandoneon di Walter Castro, i cui interventi andavano ad incastonarsi entro una compagine strumentale sempre affiatata, efficacissima nei dialoghi tematici e negli accostamenti timbrici, costituita dall'incontro del Nuevo Ensemble Porteno e dell'Orchestra da Camera di Bologna, il tutto gestito dal fine mestiere di Pablo Ziegler, impegnato anche al pianoforte. Sul palcoscenico la regia Gabriele Vacis ha saputo rievocare le atmosfere di una Buenos Aires astratta ma molto presente, efficace nell'immergerci nel fumo delle milonghe - i locali dove si balla il tango - o in altri luoghi definiti attraverso le scene di Francesco Calcagnini dove qualche tavolo, alcuni armadi, un letto, icone religiose e candidi tessuti sospesi hanno ricreato la magia del colore di una città che è uno e mille luoghi immaginari. Maria, la protagonista, non potremmo immaginarcela diversa da Vanesa Quiroz, con la sua sensualità e quella voce intensa, carica di quella irrequieta, malinconica passione, specchio antico di una storia triste, ripercorsa attraverso l'itinerario sognante tracciato da Juan Vitali che ha prestato la parola a "el Duende", lo spirito narrante. Così è parsa questa "Maria de Buenos Aires", uno dei lavori più riusciti di Piazzolla, che anche in questa occasione ha dimostrato, proprio con la sua forte caratterizzazione e la sua determinata, irripetibile unicità, che si può fare teatro musicale ancora oggi, regalando emozioni, qui raccolte da un folto pubblico, alla fine entusiasta.
Note: nuovo allestimento in coproduzione Ravenna Festival - Teatro Comunale di Bologna. Le recite dal 19 al 28 giugno si terranno al Teatro Comunle di Bologna.
Interpreti: Quiroz, Trelles, Vitali, Zotto, Moro, Bonriposi, Botti, Perez Aspa, Tordoni, Pizzicato, De Francesco
Regia: Gabriele Vacis
Scene: Francesco Calcagnini
Costumi: Francesco Calcagnini
Corpo di Ballo: Compagnia di danza "Tango x 2"
Coreografo: Miguel Angel Zotto
Orchestra: Nuevo Ensemble Porteno; Orchestra da Camera di Bologna
Direttore: Pablo Ziegler