Veemente Alzira

Applausi del pubblico del Teatro Regio di Parma per una Alzira a tinte forti, nel vero senso del termine. Regia scene e costumi quasi "pacchiani", sicuramente a tratti ridondanti. In linea la direzione fragorosa di Bartoletti. Cast vocale senza eccellenze, ma prove adeguate da parte di Iori e Chernov, gli altri erano emozionati (!) e giovani (!!). Comunque, alla fine, tutti contenti e plaudenti.

Recensione
classica
Fondazione Teatro Regio di Parma Parma
Giuseppe Verdi
26 Maggio 2002
Al di là delle leggende legate ad un presunto giudizio, tanto perentorio quanto negativo, espresso dallo stesso Verdi nei confronti della sua Alzira, quest'opera, nei suoi limiti, racchiude pur sempre qualche motivo di interesse. Soprattutto se si rivolge l'attenzione a tutti quegli elementi che vanno da certi passaggi della scrittura musicale fino ad alcune soluzioni drammaturgiche, veri e propri germi di futuri e più compiuti sviluppi. Tra i contributi a favore di un ritorno in repertorio di quest'opera per lungo tempo obliata, si annovera l'edizione all'Opera di Roma del 1967, sotto la direzione di Bruno Bartoletti, direttore protagonista anche della nuova produzione di questo titolo proposta a Parma nell'ambito del Festival Verdi 2002. Questo allestimento godeva della regia di Alberto Fassini il quale, assieme allo scenografo Mauro Carosi e a Odette Nicoletti per i costumi, ha realizzato uno spettacolo costruito su neri fondali massicci, tra opache colonne e lucide gradinate, dove le varie ambientazioni venivano rievocate da voluminosi oggetti ora grigi o cupi, ora luccicanti d'oro, altre volte immersi nei densi colori accesi del rosso o del verde. Il tutto a rappresentare la piazza di Lima, le stanze del palazzo del Governatore o l'orrida caverna, attraverso palme o grandi figure - simbolo dell'arte "primitiva" degli Incas. Ampio spazio per far muovere le masse, insomma, che vestivano pompose armature grigio/nere e luccicanti se si trattava di spagnoli e variopinti costumi pseudoetnici se si trattava di guerrieri indigeni del Perù. Tinte forti, quindi, sul palcoscenico, con quadri scenici coloratissimi come quello della festa nuziale conclusiva, disegnata attraverso una tavolozza completa di colori, oggetti e accessori. Sulla stessa linea si dipanava la direzione musicale di Bartoletti alla guida di una reattiva orchestra, complesso - come il coro - del Teatro Regio di Parma. Tanto suono, peraltro gestito con piglio deciso dal direttore, già a partire dal carattere veemente del coro d'apertura, che ha letteralmente dato inizio all'opera grazie allo spostamento della sinfonia qui posta dopo il prologo. Una soluzione questa che, assieme alla scelta dell'intervallo unico, ha attribuito a quest'opera di per se breve maggiore continuità drammatica. Il cast vocale era formato, tra gli altri, dall'efficace Enrico Giuseppe Iori nei panni di Alvaro, dal Gusmano di buona personalità interpretato da Vladimir Chernov, da Carlo Ventre che ha dato corpo ad uno Zamoro forse un poco emozionato, e da Poletta Maccoru che, nel ruolo del titolo, ha profuso un ampio impegno che le ha permesso, nonostante qualche imprecisione, di raccogliere, alla fine, il calore del pubblico. Applausi generosi, quindi, sia a scena aperta che ad opera conclusa, per tutti gli artisti impegnati.

Note: nuovo all.

Interpreti: Iori, Chernov, Farnesi, Ventre, Svab, Marrocu, Storti, Buffoli

Regia: Alberto Fassini

Scene: Mauro Carosi

Costumi: Odette Nicoletti

Orchestra: Orchestra del Teatro Regio di Parma

Direttore: Bruno Bartoletti

Coro: Coro del Teatro Regio di Parma

Maestro Coro: Martino Faggiani

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