Parsifal con quattro p
Simon Rattle dirige un Parsifal intimo e ricco di sfumature, ma il suo approccio consciamente antitradizionalista frustra gli appassionati wagneriani.
Recensione
classica
Qualcuno sostiene che il mondo sia diviso in wagneriani (perfetti o meno) e miscredenti (o almeno questo sembra essere il punto di vista dei wagneriani). Non ci sono vie di mezzo, solo la possibilità un giorno di vedere la luce, e per quanti si avvicinano al teatro ogni volta sperando di scoprire il segreto dell'attrazione fatale di Wagner la nuova produzione di Parsifal alla Royal Opera House deve essere sembrata un dono del cielo. Per incominciare un cast eccezionale che uniformemente, dai protagonisti ai ruoli secondari, ha raggiunto altissimi livelli, anche se non sempre aiutato dalla regia estremamente tradizionale di Klaus Michael Grüber e Ellen Harmer, la cui staticità si è rivelata quasi controproducente. La produzione ha momenti di grande impatto visivo, specialmente nei cambi di scena, come nel primo atto, quando una foresta stilizzata di alti tronchi metallici si allontana e scompare sullo sfondo per fare posto alla sala della fratellanza del Graal, rappresentata da una lunga tavola con chiari riferimenti all'ultima cena; ma per il resto le scenografie di Gilles Aillaud sono poco più che ornamenti su di un palcoscenico vuoto, ed ai cantanti non rimane che piazzarsi in mezzo alla scena e rivolgersi direttamente all'auditorio. Questo ha l'indubbio vantaggio di mettere in risalto la forza drammatica dei protagonisti, primo tra tutti il Gurnemanz di John Tomlinson, che ha rivelato nell'uso del testo una varietà stupefacente di colori e inflessioni, in particolare durante la lunga narrazione del primo atto, con una dizione degna della sua lunga carriera a Bayreuth. Thomas Hampson trasmette con convinzione la sofferenza e disperazione di questo Amfortas che, non rilegato alla tradizionale lettiga, si trascina a fatica sul palcoscenico con l'ausilio di un sostegno meccanico, mentre Willard White presta al ruolo di Klingsor la sua travolgente presenza scenica ed una sensualità quasi perversa, accentuata dal costume, una vestaglia di velluto rosso. Violeta Urmana è visivamente monotona, ma rende efficacemente il contrasto tra i due aspetti di Kundry attraverso l'uso dinamicamente espressivo di una voce ricca di colore e perfetta su tutta l'estensione. Il tenore danese Stieg Andersen nel ruolo principale si è rivelato forse il più rigido sulla scena, ma non si trova spesso un heldentenor capace di gestire diverse gradazioni di pianissimo, e la sua prestazione vocale è ineccepibile. Non si può non riconoscere che buona parte di questo successo vocale è dovuto alla lettura di Simon Rattle, che esalta la dimensione più intima della partitura, vista non tanto nella sua dimensioni eroica, quanto come musica da camera tra le diverse personalità: di qui l'uso di dinamiche delicate, quasi eteree, con quadrupli pianissimo e una rarefazione della tessitura orchestrale che produce una tavolozza infinita di colori e sfumature strumentali. L'orchestra della Royal Opera House produce un suono quasi liquido, con un uso limitato del vibrato (che richiama alla memoria il lavoro di Rattle con l'Orchestra of the Age of Enlightenment) e senza l'abrasività delle tradizionali fanfare, che solo in un paio di occasioni raggiungono il triplo forte: è Wagner come non l'avevamo ancora sentito. In una intervista Rattle, commentando sulla forte tradizione esecutiva del lavoro, che considera non sempre efficace, aveva dichiarato di non poter dirigire Parsifal allo stesso modo di Furtwangler, e non ci sono dubbi che nel seguire la propria immaginazione il direttore inglese ha prodotto una performance innovativa, un vero ripensamento che apre nuove prospettive all'interpretazione di questo lavoro. C'e un solo problema: l'approccio di Rattle è così consciamente antitradizionale che, nonostante l'indubbio successo che alla prima ha salutato il futuro direttore musicale dei Berliner Philarmoniker, i veri wagneriani sembrano essere sul piede di guerra.
Note: nuovo all.
Interpreti: Hampson, Reitel, Whillard White, Andersen, Urmana
Regia: Klaus Michael Gruber
Scene: Gilles Aillaud
Costumi: Moidele Bickel
Orchestra: Orchestra della Royal Opera House
Direttore: Simon Rattle
Coro: Coro della Royal Opera House
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