The Rake's Progress può anche essere la più eseguita delle opere scritte dopo la morte di Puccini, ma ci sono voluti quarant'anni prima che il lavoro ritornasse a calcare il palcoscenico della English National Opera, dopo una produzione che nel 1962, a soli undici anni dalla prima veneziana, doveva avere una aura di contemporaneità che nel cinquantesimo anniversario è forse difficile immaginare. Si tratta di uno dei paradossi del Rake, che uno si aspetterebbe di casa in una compagnia dedicata all'opera in lingua inglese, e la cui popolarità è allo stesso tempo quasi inspiegabile per un lavoro che viene a volte visto come l'epitome dell'artificialità artistica e che in superficie non sembra molto di più di un pastiche di quanto di meglio le tradizioni operistiche europee avevano da offrire al cosmopolitanesimo musicale di Stravinsky. È anche un mistero la ragione per cui, nonostante la sua popolarità, the Rake's progress non sia stato preso come punto di riferimento dai compositori d'opera contemporanea nella seconda metà del Novecento - un mistero fino ad un certo punto, perché le ragioni storico-culturali sono abbastanza evidenti, ed in un clima dominato dalle costruzioni di pensiero dell'avanguardia un lavoro così apparentemente retro-referenziale non poteva certo essere visto come un modello. Ma qui forse è il paradosso principale, perché in tutta la sua presunta artificialità il lavoro si presenta ad ogni ascolto non solo fresco ed innovativo, ma attuale e contemporaneo nel modo tipico dei classici. Questa contemporaneità è messa in rilievo dalla nuova produzione di Annabel Arden, che ambienta la storia in un presente indefinito, ed il cui merito principale sembra proprio quello di avere interpretato il neo-classicimo del lavoro in termini di stile piuttosto che di contenuto: una favola morale vestita da Colombina. Tuttavia qui forse qui i meriti si fermano, perché nel tentativo di rinforzare l'aspetto di dissolutezza del lavoro la produzione si lascia prendere la mano: non solo il rapporto tra Tom Rakewell e Nick Shadow assume tinte omosessuali, sulla base di una latente omosessualità presente nel libretto se non nella partitura ("beard" nel gergo omosessuale degli anni cinquanta si riferiva alle compagne femminili "di figura", il che spiega la villosità di Baba), e l'introduzione di Tom ai piaceri della carne assume la forma di una sodomizzazione, ma particolarmente di cattivo gusto è la presenza di due ragazzine prima nel bordello e poi nel letto del libertino, esauste dopo quella che appare essere stata una violenta copulazione. Se sulla scena, dominata da varie tonalità di grigio scuro, succede poco di interessante, la direzione musicale di Vladimir Jurowski, al suo debuto con ENO, è ricca di colori, sfumature e nuances, con un fraseggio che esalta il lirismo della partitura senza comprometterne il rigore, e un'attenzione ai dettagli orchestrali che non va mai a discapito delle parti vocali. Come è purtroppo divenuto un marchio di fabbrica all'ENO, i cantanti, pur validi, sembrano vestire parti vocalmente troppo larghe: Barry Banks, nonostante la perfetta dizione, ha difficoltà nel registro più baritonale di alcune sezioni, e a tratti la voce si perde all'interno del Coliseum, che rimane uno degli spazi più grandi dedicati all'opera in Europa. Lisa Milne è convincente nei panni di Ann Truelove (ruolo ricoperto alla prima mondiale da Elizabeth Schwarzkopf), con momenti di considerevole bellezza vocale nelle ultime scene, ma la voce non sembra sufficientemente corposa per gestire l'aria e cabaletta del primo atto. Gidon Saks è un Nick Shadow imponente, ma povero di sfumature.
Note: nuovo all.
Interpreti: Banks, Saks, Milne, Burgess, Pont-Davies, O'Connor, Graham-Hall
Regia: Annabel Arden
Scene: Yannis Thavoris
Costumi: Yannis Thavoris
Orchestra: English National Opera
Direttore: Vladimir Jurowsky