Piccolo teatro a volo d'uccello

Riflessione, quasi diario poetico sull'umana aspirazione al volo, con una brava Silvia Testoni e la voce recitante di Lucilla Giagnoni impegnate a tessere trame sottili tra la musica di un Campogrande in stato di grazia e le parole di un sempre più esuberante Dario Voltolini. Meno convincente la regia di Pizzicato, che non impedisce all'operina di trovare un cordiale consenso di pubblico.

Recensione
classica
Piccolo Regio Puccini Torino
Nicola Campogrande
20 Marzo 2001
Il volo come esperienza della mente e desiderio negato, sintesi e simbolo di tutte le umane aspirazioni destinate al fallimento e tuttavia capaci di far vibrare all'unisono una corda in ogni cuore: il tema, nonostante le apparenze, non è tra quelli lievi. Il compositore Nicola Campogrande e lo scrittore Dario Voltolini ci hanno costruito sopra una micro-opera, riportando il problema alla radice più semplice e universale, al piacere puro di librarsi e di scendere in picchiata, di cambiare prospettiva e di rotolarsi nel vuoto. "Alianti", andata in scena in prima assoluta ieri sera al Piccolo Regio di Torino, è un ricercare intorno al concetto di leggerezza, un'affabulazione pervasa dal motivo, caro in particolare a Voltolini, della città come groviglio di geometrie, prospettive e poligoni, corsi e muri, strade e marciapiedi che incorniciano esistenze in perenne attesa del loro punto di fuga. Musica e parole si producono a vista, come nella tradizione dell'opera da camera novecentesca, figlia diretta del Bisogno e idealmente domiciliata su un maneggevole Carro di Tespi. Tutto è affidato alla fascinazione della parola, la più aerea delle nostre manifestazioni e la più difficile da tenere sotto controllo. Il testo lussureggiante di Voltolini suggerisce immagini e non racconta, astrae e conduce lontano dalla scena, procedendo a sprazzi, per assonanze e libere associazioni, fino a comporre una sorta di partitura nella partitura in cui frasi e parole si spezzano, si sganciano, si perdono, si scontrano e si perdono di nuovo, per ritrovarsi a un certo punto e ricongiungersi in un gran polverìo sillabico. Per tradurre in musica questa congerie di discorsi Campogrande sceglie la strada dell'understatement, dando vita con il suo campionatore e l'apporto degli ottimi Saverio Miele (contrabbasso) e Marco Tardito (clarinetto) a un ambiente sonoro di non comune presenza scenica, misurato e insieme incisivo, denso di richiami eppure singolarmente organico e a fuoco. Sembra di ravvisare in questo una nuova maturità stilistica per il giovane compositore, sempre più lontano da certi pur gradevoli stilemi che ne hanno caratterizzato la produzione in passato (e la citazione da "Someone to watch over me" che si sente riecheggiare in un'aria suona come una complice strizzatina d'occhio...). A dialogare con gli strumenti è la voce dell'attrice Lucilla Giagnoni, brava ma talvolta a disagio in un ruolo impegnativo che non concede pause, mentre i momenti lirici sono affidati al canto limpido e sicuro di Silvia Testoni, un po' penalizzato dalla pur necessaria amplificazione. A loro si affianca la figura muta della pittrice, Adriana Zamboni, che si fa carico di quasi tutta l'"azione" dell'opera (senza dipingere però: sul quadro traslucido che funge da unica scena si limita ad applicare stencil di carta). La regia di Antonio Pizzicato si sovrappone a questo impianto così poco tradizionalmente teatrale in modo non sempre felice, infiocchettando di trovatine un materiale che avrebbe bisogno di un solido punto di ancoraggio a terra, per poter svettare. Sala piena e applausi cordiali al termine dello spettacolo, dedicato alla memoria di Domenico Carpanini.

Note: prima assoluta

Interpreti: Testoni, Giagnoni, Zamboni, Miele, Tardito, Campogrande

Regia: Antonio Pizzicato

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