Il Pd vuole cambiare musica
A Verona si è svolta una giornata di studi
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È necessario «cambiare musica» nel sistema delle fondazioni lirico-sinfoniche italiane. Questo quanto afferma il Partito Democratico che ha promosso a Verona, il 29 aprile scorso, una giornata nazionale di lavori sul futuro dei teatri d'opera in Italia. Attorno al tavolo si sono seduti rappresentanti politici, sovrintendenti, sindacalisti e operatori culturali per un confronto sui percorsi necessari ad uscire dall'impasse culminato nel dimezzamento del Fondo Unico per lo Spettacolo. Fus che tutti i partecipanti sono stati d'accordo nel definire obsoleto, incapace di cogliere le differenze tra le diverse discipline e le specificità di ognuna delle quattordici fondazioni liriche italiane. Il suo reintegro, solo qualche settimana fa, ha segnato una tregua ma non certo una vittoria, come ha sottolineato Maurizio Roi, presidente dell'Associazione Teatri dell'Emilia Romagna: «L'attività lirica ha una dinamica di costi crescente e il reintegro del Fus non allontana la prospettiva di crisi aziendale». Ad incalzarlo è intervenuto Luigi Ferrari, segretario generale della Fondazione Toscanini: «Non siamo interessati alla sola sopravvivenza, ci preme lo sviluppo». Come delineare allora un nuovo patto per la lirica, necessario ad uscire dalla crisi strutturale di un sistema prossimo al collasso? Prima di tutto con la certezza di un contributo pubblico almeno pluriennale, che permetta una programmazione artistica a lungo raggio. «Oggi siamo in un mondo globale in cui il competitor non è il teatro vicino ma quello che si trova a migliaia di chilometri di distanza» - spiega Cristiano Chiarot, fresco di nomina alla sovrintendenza del Teatro "La Fenice" di Venezia - «La singola stagione di un anno non ha senso quando all'estero gli artisti migliori vengono scritturati con un anticipo di cinque anni». La certezza di un finanziamento a lungo termine deve essere però affiancata da un'efficace politica di defiscalizzazione che favorisca l'ingresso dei privati nel sostegno all'attività delle fondazioni liriche. «L'assenza di scelte in tal senso è uno dei punti drammatici della crisi» - conferma l'onorevole Emilia De Biasi, componente della commissione cultura - «Siamo di fronte ad un terribile paradosso: un finanziamento pubblico inadatto a soddisfare il fabbisogno delle fondazioni mentre le fondazioni stesse faticano a trovare sostegni privati per la mancanza di adeguate leggi di detassazione». Quale significato avrebbe tuttavia una riforma del sistema attuata in assenza di pubblico? Luigi Ferrari, segretario generale della Fondazione Toscanini, punta l'indice sull'arretratezza del sistema educativo italiano e la mancanza di progetti governativi che favoriscano la formazione musicale dei giovani: «Non c'è stata alcuna riforma scolastica che abbia colmato, anche parzialmente, questo problema». La giornata di lavori si è conclusa con un appello che Matteo Orfini, responsabile nazionale cultura e informazione del Pd, ha rivolto al neo ministro alla cultura Giancarlo Galan: «Ci auguriamo che Galan blocchi i danni causati dalla riforma Bondi e interrompa l'emanazione dei regolamenti attuativi aprendo un tavolo per trovare soluzioni condivise». (a.b.)
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