L'uomo o il musicista?
Pletnev arrestato per pedofilia
Recensione
classica
Sebbene la notizia sia clamorosa, il mondo della musica non sembra aver reagito con particolare sdegno: il pianista russo Mikhail Pletnev è stato arrestato in Thailandia per stupro su un minore di 15 anni. Rilasciato su cauzione Pletnev ha lasciato il Paese con l'impegno di tornare per il processo, il 18 luglio prossimo: la presunzione di innocenza vale anche per lui.
Chiunque segua la musica classica con un po’ di attenzione conosce da tempo Pletnev, che non solo è il direttore artistico dell’Orchestra Nazionale Russa, ma è anche uno dei pianisti più brillanti nel repertorio russo, da Rachmaninov a Musorgskj. Le sue esecuzioni, soprattutto dal vivo, sono energiche, ricche di dettagli, appassionanti. Tutto questo non c’entra niente con l’uomo. La prima cosa che ci viene da dire è: aspetta, una cosa è l’uomo, una cosa è l’artista. Schubert passava le notti a caccia di travestiti e Gesualdo da Venosa era un assassino. Nessuno di noi con un’educazione borghese avrebbe mai invitato a cena uno come Michelangelo Merisi, il Caravaggio, ma oggi facciamo la fila per vedere le sue opere. È il solito vecchio problema del rapporto tra biografia e opera: si può ammirare il cinema di Leni Riefensthal senza indignarsi per l’ideologia nazista che esso glorifica? L’immoralità dell’artista inquina il nostro apprezzamento estetico? Siamo onesti con noi stessi: la risposta è sempre sì. Se non lo inquina certo lo altera, lo distorce. Ci piace pensare che l’esperienza estetica sia trascendenza dal quotidiano: e quando il quotidiano, nelle sue forme più imbarazzanti o addirittura criminali piomba nell’arte, lottiamo dentro di noi per salvare la presunta purezza dell’estetica. Di fatto non esiste una purezza astratta, una condizione intrinsecamente superiore dell’arte: siamo noi che l’attribuiamo ad essa.
Alla fine credo che sia una questione di distanza: quando ascolto Gesualdo ad occhi chiusi la furia omicida dell’autore non interferisce con la mia delizia estetica: i fatti sono lontanissimi, l’arte ha resistito al tempo e al sangue. Ma se penso alle volte che ho visto Pletnev in un teatro, alla prossimità fisica, e all’essere stato “complice” nell’organizzazione di qualche suo concerto mi viene un senso di disgusto e ripulsa: non ho nessuna voglia di ascoltarlo.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.
classica
A Colonia l’Orlando di Händel tratta dall’Ariosto e l’Orlando di Virginia Woolf si fondono nel singolare allestimento firmato da Rafael Villalobos con Xavier Sabata protagonista
classica
Jonas di Carissimi e Vanitas di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento