Alla scoperta del Bru Zane

Una visita nella sede veneziana del Palazzetto Bru Zane con la direttrice Florence Alibert e il direttore scientifico Alexandre Dratwicki

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In un angolo veneziano un po’ appartato, appena fuori dai grandi flussi turistici che attraversano senza tregua la città, da qualche anno si trova una piccola isola musicale che non smette di produrre preziosi eventi capaci di incuriosire un pubblico sparuto ma di fedelissimi. Ma soprattutto, a chi girovaga per teatri europei o magari gira fra gli scaffali di qualche discaio in cerca soprattutto di novità del passato, il logo di Palazzetto Bru Zane sta diventando una presenza familiare oltre che garanzia di scoperte spesso affascinanti. Nel generale disarmo dell’impegno pubblico nella cultura, è naturale una certa curiosità per una realtà che opera ormai da qualche anno in una piccola realtà locale ma con orizzoni molto ampi. Per saperne di più organizziamo una spedizione in un pomeriggio di fine aprile, approfittando del festival primaverile dedicato quest’anno a Benjamin Godard.



Mentre attorno i collaboratori mettono a punto gli ultimi dettagli prima di aprire al pubblico, ci accoglie Florence Alibert, direttrice generale del Palazzetto Bru Zane, generosa di spiegazioni sulla nascita e la fertile attività del centro. Non poi un’idea così stravagante quella di consacrare un luogo alla musica romantica in questa città: che il fascino decadente della Venezia ottocentesca abbia nutrito la vena creativa di generazioni di musicisti romantici e oltre è un motivo più che sufficiente a giustificare la nascita di un’istituzione che sostiene la musica romantica francese. Anzi, semmai c’è da stupirsi che nessuno abbia ancora pensato a un’appendice veneziana della Bayreuth wagneriana (cosi come non fa onore alla città che non si riesca almeno a creare un museo wagneriano nelle sale dell’attuale casinò dove il compositore morì).

La storia del Palazzetto Bru Zane risale a una decina di anni fa, quando nel 2006 Nicole Bru, medico di formazione e imprenditrice di successo nel settore farmaceutico, decide di investire in una residenza veneziana. Le vengono proposti diversi palazzi anche sontuosi, ma lei si innamora di questo piccolo palazzetto tardo-seicentesco a due passi da Campo San Stin, originariamente luogo di delizie, o più precisamente “casino biblioteca”, dei Zane, la cui sontuosa residenza sorgeva solo a qualche metro, separata da un rigoglioso giardino oggi purtroppo scomparso. Si decidono e compiono importanti lavori di restauro per ripristinare l’antico aspetto, restituendo splendore degli affreschi di Sebastiano Ricci della sala principale a due piani con la balaustra lignea della scuola del Brustolon e la semplice scala impreziosita di decorazioni pittoriche. Hervé Niquet lancia l’idea di un luogo consacrato alla musica romantica francese e Nicole Bru raccoglie, garantendo il necessario sostegno finanziario attraverso la Fondazione Bru con sede a Ginevra. E così nel 2009 il Palazzetto Bru Zane inizia ufficialmente la sua attività.

«Il Palazzetto Bru Zane vive di capitali interamente privati. Dalla sua creazione riceve una dotazione annuale dalla Fondazione Bru che ci consente di impegnarci su programmi anche sul lungo periodo - ci spiega Albert - Questa stabilità è cruciale per riuscire a programmare le nostre stagioni concertistiche con un certo anticipo ma soprattutto per stabilire delle collaborazioni con teatri d’opera, istituzioni concertistiche e festival musicali per progetti di più ampio respiro».

Il Palazzetto Bru Zane può contare su spazi relativamente limitati e quindi non adatti a offrire residenze a ricercatori e musicisti, «anche se ci piacerebbe lavorare in questo senso» dice Alibert. Uffici a parte, la struttura può offrire la grande sala su due piani per i concerti della stagione, anche se quando serve il Palazzetto si trasferisce nella vicina Scuola di San Giovanni Evangelista, come per il concerto inaugurale del ciclo Godard con i cantanti Olivia Doray e Cyrille Dubois e il pianista Tristan Raes o in altre sedi che offrono spazi più capienti.


Nonostante le numerose iniziative, il Bru Zane funziona grazie a un gruppo sparuto di collaboratori fissi e a un network che assicura spessore scientifico al progetto: «A Venezia siamo circa una decina e ci dedichiamo principalmente all’organizzazione della nostra stagione concertistica e degli altri eventi come conferenze e attività educative rivolte ai bambini ma anche alla produzione di concerti e spettacoli in tournée e alla produzione di registrazioni discografiche. L’attività di ricerca, fondamentale per l’attività del Bru Zane, avviene soprattutto in Francia dove si trova il grosso delle fonti. Eventi musicali a parte, siamo anche molto impegnati a sensibilizzare istituzioni preposte alla formazione di giovani musicisti al repertorio romantico francese. In questo senso si spiega la collaborazione iniziata nel 2015 con l’Académie Ravel di Saint-Jean de Luz per i corsi avanzati in programma fra fine agosto e inizio settembre. Grazie a questa collaborazione da quest’anno offriamo a giovani musicisti l’opportunità di esibirsi nell’ambito del Festival Palazzetto Bru Zane a Parigi di inizio giugno al Théâtre des Bouffes du Nord a Parigi e a Venezia nel Palazzetto nel quadro dell’Art Night, la “notte bianca” dei musei organizzata dall’Università Ca’ Foscari il prossimo 18 giugno».

Se il partner privilegiato rimane la Francia per il particolare tipo di repertorio sostenuto dal Bru Zane, segnali di interesse vengono anche da altri paesi come la Germania, dove lo scorso settembre a Monaco di Baviera l’Orchestra della Radiotelevisione bavarese ha eseguito brani orchestrali di Benjamin Godard e l’Irlanda che al Festival di Wexford il prossimo ottobre presenterà una versione scenica di Herculanum di Félicien David, il compositore al centro del festival di primavera del Bru Zane nel 2014. Inevitabile chiedersi come funzioni il dialogo con altre istituzioni musicali veneziane e italiane nella tradizionale riluttanza a “fare massa” che contraddistingue il nostro paese pur nella strutturale scarsità di risorse destinate alla cultura. «Il nostro dialogo con la Fondazione del Teatro La Fenice è costante. Sono sempre informati sui nostri progetti e ci auguriamo che il buon successo dell’operetta Les Chevaliers de la Table ronde di Hervé, che abbiamo presentato al Malibran lo scorso Carnevale, possa aiutare a consolidare la nostra collaborazione per realizzare insieme nuove produzioni. Ci piacerebbe avere un appuntamento intorno al repertorio dell’operetta a Carnevale, magari con scadenza biennale» auspica Alibert, che aggiunge: «In generale ci sono segnali di interesse da parte dei teatri italiani ma una qualche incertezza sui meccanismi di finanziamento non aiuta a fare programmi né i responsabili dei teatri italiani se la sentono di impegnarsi in progetti ambiziosi di ricreazione di opere rare in mancanza di certezze sul proprio bilancio. E la crisi di certo non ha semplificato le cose. Questa situazione indubbiamente rappresenta un grande ostacolo». E qui si torna quindi sempre allo stesso, annosissimo problema delle istituzioni culturali nostrane che nessun governo è apparentemente in grado di risolvere.

Mancano pochi minuti per il concerto ma Alibert vuole mostrarmi con una punta di orgoglio la piccola saletta che raccoglie i frutti più tangibili del lavoro svolto finora dal Bru Zane. Numerose partiture recuperate dall’oblio e ora a disposizione di musicologi e ricercatori, che sul Palazzetto Bru Zane possono contare come sicuro e scientificamente affidabile punto di riferimento, monografie e repertori di teatri e sale da concerto utilissimi per seguire il ciclo vitale delle composizioni. Ma anche dischi riccamente documentati con ritratti musicali di Théodore Dubois, Théodore Gouvy e di Marie Jäell («Una felicissima riscoperta!», ci dice Alibert con entusiasmo), altri nella collana “Prix de Rome” con musiche quasi ignote dei più noti Paul Dukas, Camille Saint-Saëns e Claude Debussy. Il pubblico ha ormai preso posto e il concerto sta ormai per iniziare. In programma c’è il quinto dei nove concerti del festival: “Violoncello romantico”. Gary Hoffman al violoncello e David Selig pianoforte propongono una Sonata di Godard e due pezzi di Gabriel Fauré in sostituzione del previsto pezzo di Rita Strohl. L’interessante Sonata di Godard ma specialmente il doppio Fauré riscaldano il pubblico e i due musicisti ringraziano concedendo due fuori programma.

A seguire, un piccolo rinfresco nel piccolo giardino per scambiare impressioni e opinioni sul concerto appena concluso e qui incontriamo Alexandre Dratwicki, il direttore scientifico del Palazzetto Bru Zane. Con lui cerchiamo di entrare nel dettaglio della multiforme programmazione. Lo interroghiamo subito su come vengano scelte le “scoperte” del Palazzetto: «Abbiamo iniziato nel 2012 con un festival dedicato a Théodore Dubois di cui si è parlato molto. È stato un impulso a continuare a lavorare sui compositori definiti normalmente «accademici» - spiega Dratwicki - In generale partiamo da una lista di compositori di cui magari conosciamo una o poche composizioni. Quello è il primo spunto dal quale poi parte la volontà di approfondire ma specialmente di mettere la produzione dei vari Théodore Dubois, Théodore Gouvy, Félicien David o Benjamin Godard in prospettiva. In altri termini, quel che conta è inquadrarli nello stile dell’epoca. E poi per noi organizzatori è anche importante l’impatto emotivo sul pubblico che quella musica produce». Un impatto emotivo che è certamente un elemento di cui tenere conto. Quello della conoscenza e diffusione del repertorio romantico francese però resta l’aspetto decisivo, come dimostra il fatto che c’è la volontà di continuare a proporre pezzi di questi compositori nei vari programmi concertistici e non soltanto nei festival monografici. In questo senso, sostiene Dratwicki, «la missione del Palazzetto Bru-Zane non è tanto quella di creare eventi, ma piuttosto di presentare lavori di compositori oramai sconosciuti e di vedere quel che resterà con la distanza del tempo, magari fra 20 anni». Quanto a Godard, spiega sempre Dratwicki, «era un ottimo candidato per vari motivi: non è mai stato un compositore «istituzionale», niente Prix de Rome o circuiti di chiese o dei Conservatori. Insomma un «accademico» fuori dalla Accademie! Fra i pezzi migliori che abbiamo presentato ci sono sicuramente il Quartetto n. 2 per archi, la Sonata n. 3 per violino, ma anche l’opera “Dante” meriterebbe d’essere eseguita e forse anche “Tasso” magari in versione di concerto».

Per ora comunque su di lui non ci sono iniziative concrete ma il carnet delle proposte per il futuro immediato e più lontano è come sempre molto ricco: in giugno ci sarà la quarta edizione del festival parigino del Bru Zane al Théâtre des Bouffes du Nord ma verrà anche presentata la tragédie lyrique Olympie di Spontini con la direzione di Jérémie Rhorer grazie a una nuova collaborazione con il Théâtre des Champs-Élysées. Per la prossima stagione veneziana (e non solo) Dratwicki accetta di darci qualche anticipazione: «In autunno dedicheremo al “inconnu célébre” Camille Saint-Saëns il nostro festival. A Venezia avremo soprattutto quartetti, pezzi per pianoforte a quattro mani composti verso la fine della sua vita e mélodies per mezzosoprano e baritono. Presenteremo anche lavori con organico più ambizioso come la Proserpine in forma di concerto a Monaco di Baviera e a Versailles. A giugno 2017 presenteremo la sua opera Le timbri d’argento all’Opéra Comique, che per molti sarà una sorpresa. È la storia di un uomo molto avido che in sogno riesce ad ottenere ogni ricchezza suonando un campanello d’argento a prezzo della vita di qualcuno. La presenteremo in forma scenica nell’ultima versione del 1913, che contiene dei numeri musicali sorprendenti come un duetto d’amore fra il protagonista e una vera ballerina». E per l’oramai abituale riscoperta per il 2017 si parla di Fernand de La Tombelle: «allievo di Dubois e membro di una famiglia aristocratica del Périgord e quindi non pressato dal pubblicare la propria musica per sopravvivere. Ha composto molta musica religiosa e per coro». E se non bastasse si parla ancora di coproduzioni anche con il Théâtre des Champs-Élysées per La reine de Chypre di Halévy nel giugno 2017 con Véronique Gens diretta da Hervé Niquet e una Phèdre di Lemoyne al Théâtre des Bouffes du Nord.

Rimane un’ultima curiosità, legata alla sempre elevata qualità degli interpreti che il Palazzetto Bru Zane riesce a inserire nelle sue stagioni, nonostante l’assenza di grandi nomi e il repertorio così di nicchia. Qual è il segreto? «Particolarmente per la musica romantica francese l’interpretazione è essenziale. L’esecuzione è un passaggio fondamentale per farla rivivere. È musica scritta per lasciare molto spazio all’interprete, per molti versi come il barocco italiano, a patto che sia «lavorata»: è fondamentale approfondire, studiare, lavorare il pezzo per arrivare a renderne lo spirito al pubblico. È soprattutto questo che chiediamo ai nostri interpreti», ci rivela Dratwicki, che aggiunge: «In questa ottica lavorare con interpreti più giovani, e dunque più propensi a sperimentare e a mettere il loro talento al servizio di questa musica, ci permette di dare vita a riletture nuove ed interessanti».

Un concerto nel Palazzetto Bru Zane (© Michele Crosera)

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