Intrecci: il nuovo disco di Giacomo Susani

Edito per l’etichetta Stradivarius, il nuovo disco del chitarrista e compositore italiano presenta un originale intreccio di nuovi brani e arrangiamenti per chitarra del repertorio classico

In collaborazione con Barco Teatro

Giacomo Susani
Giacomo Susani
Articolo
classica

Con il titolo Intrecci. New compositions and arrangements for Guitar il chitarrista Giacomo Susani presenta il suo nuovo disco edito per l’etichetta Stradivarius. Il CD associa nuovi brani ad arrangiamenti originali di repertorio in un singolare itinerario d’ascolto che vede dialogare le due anime di interprete e compositore. Disponibile in formato fisico, e da oggi sulle piattaforme digitali, il disco è realizzato con il sostegno del MiC e di SIAE nell’ambito del programma Per Chi Crea. In occasione dell’uscita discografica, Il giornale della musica ha incontrato l’autore.

 

Qual è l’idea che ha portato alla nascita di questo lavoro discografico?

«Intrecci è un album che mi vede coinvolto sia come compositore, sia come interprete della mia musica, e che si sviluppa attraverso quattro coppie di brani secondo uno schema che associa una mia nuova composizione a una trascrizione di pagine del repertorio tradizionale, sempre realizzata da me. Grazie a questo dialogo tra il brano nuovo e quello trascritto, ogni coppia esplora un aspetto espressivo e tecnico della chitarra, strumento che si pone al centro di questo album. Si giustifica così il titolo del CD, Intrecci».

Quando ha sentito l’esigenza di porre in dialogo il grande repertorio con la nuova musica?

«Da un po’ di tempo sentivo il desiderio di farlo, a prescindere dalla pubblicazione di un album. È stato interessante associare mie nuove composizioni al repertorio, visto attraverso la nuova lente dell'arrangiamento per chitarra, azione che consente di mantenere intatti i brani originali. Pur nella loro perfetta riconoscibilità all’ascolto, riesco comunque a inserire delle idee, un tipo di creatività che mi aiuta ad adattare l'originale allo strumento nuovo. Grazie al bando della SIAE ho avuto l’occasione perfetta per concretizzare maggiormente questo particolare aspetto, e di fissarlo su disco».

Come sono stati scelti i brani di repertorio?

«La scelta è avvenuta in funzione del collegamento al nuovo brano. Si tratta di pagine che già conoscevo e che ho ripreso proprio nel momento in cui ho cominciato a scrivere le nuove composizioni. Una selezione avvenuta in modo naturale proprio durante il lavoro di scrittura». 

Cosa significa poter eseguire le proprie creazioni?

«Questo mio essere attivo sia come esecutore e compositore, è una visione del fare musica che nel Novecento non è stata così frequente. La storia ha sempre visto convivere in un unico musicista il ruolo di compositore ed esecutore, in particolar modo per la chitarra. Nel Novecento, invece, le due professioni si sono molto specializzate: i compositori divennero dei grandi intellettuali attivi esclusivamente nel creare nuovi capolavori, mentre gli esecutori erano impegnati a riprodurre il pensiero dell’autore. I primi compositori che nell’Ottocento hanno cominciato ad ampliare il repertorio di questo strumento erano invece esecutori anche delle loro composizioni. Vi è quindi un recupero in chiave moderna di questo atteggiamento nei confronti del far nuova musica. Si tratta di ripristinare un contatto tra chi pensa la musica e chi la esegue».

La sua produzione è rivolta esclusivamente al repertorio solistico?

«Fin dall’inizio della mia attività di compositore ho scritto molti brani da camera e per orchestra, con e senza chitarra. Negli ultimi anni ho lavorato sempre di più come compositore, un ruolo che è ormai diventato pari a quello di esecutore. Inoltre, recentemente ho cominciato ad approfondire anche la direzione d’orchestra, un ulteriore mezzo per essere presente nella produzione del nuovo repertorio. Lo scorso dicembre ho diretto in Colorado la prima assoluta di un mio nuovo Concerto per chitarra a dieci corde e orchestra. La direzione è una prospettiva che si sta rivelando molto feconda».

Oltre che esecutore e compositore, si occupa anche di organizzazione musicale: come si coniugano queste tre attività?

«Barco Teatro è una realtà che esiste a Padova da sei anni e che presenta una stagione di musica da camera. In questo contesto ha sede Homenaje International Guitar Festival, quest’anno alla quinta edizione, una rassegna dedicata alla chitarra di cui sono il direttore artistico sin dall’inizio. Oltre all’offerta concertistica, che coinvolge artisti internazionali molto importanti, il Festival si apre sia al pubblico che ai giovani, attraverso Masterclass e appuntamenti di approfondimento sulla storia della liuteria e sulla composizione del nuovo repertorio. Il Festival vede infatti il coinvolgimento di compositori, ai quali spesso affidiamo la commissione di un nuovo lavoro da eseguire durante il festival o la stagione. In questo modo cerchiamo di creare un collegamento tra l’offerta concertistica e la dimensione che porta al concertismo, ovvero come un musicista possa essere al centro di un’interazione che vede l’esecutore, il compositore che crea, se non è lui stesso a farlo, e il liutaio che costruisce uno strumento capace di esprimere al massimo le nuove sonorità. In questo senso il Festival è un po’ un’estensione pratica del pensiero che in parte anima anche il disco».

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