Una "Bohème" davvero giovane

Senza divi, senza trita retorica, ma non senza effetto

Recensione
classica
Teatro Comunale Bologna
Giacomo Puccini
01 Ottobre 2002
Il Teatro Comunale di Bologna recupera in questi giorni una sua vecchia iniziativa: aprire all'opera uno spazio autunnale dedicato al repertorio più popolare, in attesa d'inaugurare formalmente la nuova stagione. Ed ecco, dunque, cinque recite fuori abbonamento di "Bohème", con prezzi leggermente più contenuti del consueto. La scelta è lodevole, in quanto mira ad attirare a sé nuovo pubblico, quello che si fa intimidire dalla normale stagione per certa difficoltà a reperire i biglietti, quello disposto a muoversi occasionalmente, solo se attratto dal titolo famoso. La prima sera il pubblico è accorso numeroso, ma senza riempire il teatro: sintomo preoccupante, perché conferma il calo di affluenza che sta caratterizzando i maggiori teatri italiani. Nella fattispecie, poi, è stato un vero peccato non vedere il teatro esaurito, perché lo spettacolo merita di essere visto, come ha sottolineato il pubblico presente al termine della serata, decretando un successo caloroso e incondizionato. L'allestimento è il medesimo già programmato nel 1998. L'impianto scenico di William Orlandi non è memorabile, ma assai funzionale: dichiaratamente ispirato "alla vecchia Milano dei navigli", s'avvale d'una imponente struttura metallica che, variamente orientata, funge da nucleo centrale delle diverse ambientazioni, puntualizzate dai pochi elementi scenici di volta in volta necessari, mentre lo sfondo rimane costantemente neutro, puro colore in uno spazio aperto. Sono piuttosto i costumi (non a caso dello stesso Orlandi) a creare gli ambienti, ora variopinti (nell'atto secondo), ora nebbiosi (nel terzo). E la regia di Lorenzo Mariani si fa forte di tale stilizzazione per fuggire ogni retorica, ogni gesto scontato, inventando soluzioni del tutto inedite. La cosa è possibile grazie anche a un manipolo di cantanti davvero giovani, come vuole il libretto, e pertanto quasi tutti senza troppe "Bohèmes" sulle spalle. Sopra gli altri svettano Carla Maria Izzo, che propone una Mimì a tutto tondo, dalla vocalità calda e appassionata come il personaggio richiede, e Vittorio Vitelli, Marcello praticamente perfetto sia sul piano vocale che scenico: due cantanti che fanno presagire un'ottima carriera. A un livello leggermente inferiore, in termini di pura resa canora, si pongono gli altri quattro protagonisti. Il tenore César Hernandez è discontinuo, alternando buoni momenti a occasionali sfasature: nulla di veramente grave, e quindi risolvibile col dovuto studio. La voce di Daniela Schillaci soffre invece della petulanza di Musetta, che la porta a inasprirsi nei continui balzi verso l'acuto che la parte richiede nel secondo atto: molto meglio quando le è permesso un canto morbido e spiegato. Un'efficace presenza scenica la favorisce, comunque, nella giusta creazione del personaggio; lo stesso si dica per Filippo Morace come Schaunard e Giovanni Battista Parodi nei panni di Colline: l'interpretazione supplisce ad una vocalità non troppo levigata. A tener le fila di tutto stava in buca Marco Guidarini: tempi ottimali, piglio sicuro, senza sbandamenti fra orchestra e palcoscenico, e poca retorica strappalacrime, in linea con la lettura registica; il che non significa affatto incapacità a commuovere, ma solo un dosaggio più sobrio degli ingredienti sonori necessari all'opera: questione di proporzioni, non di quantità. In definitiva uno spettacolo riuscito, perché omogeneo e coerente nelle sue varie componenti, e presumibilmente di costi limitati: una qualità che i nostri teatri si troveranno sempre più spesso a dover perseguire, senza che i risultati necessariamente ne scàpitino, come questa serata ci ha ben insegnato.

Interpreti: Rodolfo, poeta: César Hernandez; Schaunard, musicista: Filippo Morace; Benoit, padrone di casa: Alessandro Busi; Mimì: Carla Maria Izzo; Marcello, pittore: Vittorio Vitelli; Colline, filosofo: Giovanni Battista Parodi; Alcindoro, consigliere di Stato: Gastone Sarti; Musetta: daniela Schillaci; Parpignol: Andrea Taboga; Sergente dei doganieri: Mauro Marchetto; Un doganiere: Michele Castagnaro

Regia: Lorenzo Mariani

Scene: William Orlandi

Costumi: William Orlandi

Orchestra: Orchestra del Teatro Comunale di Bologna

Direttore: Marco Guidarini

Coro: Coro e coro di voci bianche del Teatro Comunale di Bologna

Maestro Coro: Piero Monti

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