Giornata domenicale molto intensa per la musica, a Bologna: nel pomeriggio, il concerto del sopranista Angelo Manzotti, colto in forma smagliante, con il consueto repertorio farinelliano, a chiusura dell'elegante mostra "Le stanze della musica" che il Comune ha allestito con un percorso storico sulla civiltà musicale bolognese. Poi, di corsa, a teatro, per un debutto in orario preserale del nuovo Flauto magico multietnico: lingua originale tedesca, apparato scenico italiano, direttore giapponese, cantanti italiani, tedeschi, austriaci, russi, ungheresi, bulgari e islandesi. Quello che appena trent'anni fa era considerato un tipico ed esclusivo prodotto della cultura germanica, vive oggi come capolavoro assoluto, al di sopra delle barriere nazionali. Per quanti pregi possa avere avuto l'esecuzione musicale, lo spettacolo sarà ricordato da chi l'ha visto - e a lungo - per la splendida realizzazione visiva, già ammirata al Teatro Carlo Felice di Genova. Nella cornice inconfondibile creata da Emanuele Luzzati (scene) e Santuzza Calì (costumi), il regista Daniele Abbado ha restituito il "Flauto magico" alla pura e semplice dimensione originale: quella di una fiaba fantastica, pur con i suoi risvolti moraleggianti (come in tutte le fiabe), ma senza gli impaludamenti di cui il testo s'è caricato negli anni a causa di letture sin troppo reverenziali. L'ambientazione, guidata da leggerezza e ironia, è in linea - tanto per fornire un'idea al lettore - con quelle che hanno fatto la fortuna dell' "Albero azzurro", il noto programma televisivo per bambini di età prescolare: leoni di cartone, draghi e uccelli animati da gambe umane, alberi disegnati a grandi foglie, costumi variopinti. Tanti, poi, gli ammiccamenti intertestuali: i mori che sembrano presi da Petruska, i tre Fanciulli che vestono come clowns bianchi, i fusti altissimi e attorcigliati di piante secolari che paiono pensati da Klimt, i cartelli che trascrivono a grandi lettere la massima pronunciata dai personaggi (come nel "Flauto magico" di Bergman), il direttore d'orchestra che suona personalmente il glockenspiel (come Mozart nel film "Amadeus"). E' insomma un continuo rincorrersi di immagini, di ricordi, avvolti dalle luci sapientissime di Luigi Saccomandi, da cui scaturiscono luoghi e tempi in rapida successione: il giorno, la notte, la foresta, il tempio, l'acqua, il fuoco. Nulla manca di quanto richiesto dal libretto, ma tutto sembra nuovo e familiare nello stesso momento. Perfettamente aderente a tale lettura è la concertazione di Kazushi Ono, sempre leggera e brillante, lontana mille miglia dalle tinte ieratiche imposte in passato da certi mostri sacri della bacchetta. Di livello complessivamente buono la compagnia di canto, con punte di eccellenza nel Papageno di Markus Werba e nella Pamina di Svetla Vassileva. Come Regina della Notte, Erika Miklosa ha patito qualche incertezza nell'insidiosa prima aria, ma si è poi dimostrata praticamente perfetta nella seconda. Bel personaggio il Sarastro creato da Alfred Reiter, cui difetta solo un po' di morbidezza in ambito medio-acuto. Se un punto debole va evidenziato è nel Tamino di Gunnar Gudbjörnsson, non tanto per qualche sporadica incertezza vocale, quanto piuttosto per certa inerzia espressiva, sia canora sia gestuale, che neppure l'irrefrenabile fantasia del regista ha saputo smuovere. Nel foltissimo gruppo delle parti di contorno vanno ricordati il veterano Sergio Bertocchi, vero specialista del ruolo di Monostato, e soprattutto i tre Fanciulli impersonati da Margherita Colombini, Carlotta Mirri e Giulia Colombini, elementi del Coro di voci bianche allevato da Silvia Rossi in seno al teatro: voci esilissime, sotto le quali il direttore riduceva l'orchestra a livelli minimi, ma - vivaddio! - intonate, come di rado è dato di sentire.
Note:
Mahler Chamber Orchestra
Direttore: Claudio Abbado
Festspielchor Baden-Baden
Maestro del coro: Anne Manson
Regia: Daniele Abbado
Regista collaboratore : Boris Stetka
Scene: Graziano Gregori
Costumi: Carla Teti
Luci : Guido Levi
Movimenti coreografici: Alessandra Sini
Coproduzione I Teatri di Reggio Emilia, Teatro Comunale di Ferrara,
Teatro Comunale di Modena e Festspiehaus Baden-Baden (Germania)
Reggio Emilia, 20 e 22 aprile
Ferrara 24 e 26 aprile
Baden Baden 14, 16, 18 maggio
Interpreti: Gunnar Gudbjörnsson, Alfred Reiter, Erika Miklosa, Markus Werba, Svetla Vassileva
Regia: Daniele Abbado
Scene: Emanuele Luzzati
Costumi: Santuzza Calì
Orchestra: Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Direttore: Kazushi Ono
Coro: Coro e Coro di voci bianche del Teatro Comunale di Bologna