Chi si aspettava l'indignazione e l'ostilità da parte di un pubblico conservatore nei confronti di un'opera contemporanea alla sua prima mondiale che esplicitamente racconta una storia gay, probabilmente è rimasto deluso, perché
Brokeback Mountain a Madrid è passato indenne da fischi e abbandoni plateali e alla première è stato accolto con sette minuti di applausi, pur tra i tanti posti vuoti della platea. L'operazione messa in moto da Mortier, con la scelta di questo titolo, che ha richiamato nella capitale un gran numero di media internazionali, ha quindi sortito il suo effetto: con una sorta di omaggio reverenziale del pubblico madrileno di fronte a questa grande attenzione. Ma la storia d'amore dei due cowboy del Wyoming, col suo epilogo tragico, resa celebre dal film di Ang Lee di qualche anno fa, nel bel libretto della stessa Annie Prolux che aveva scritto il romanzo, non convince e non appassiona in una versione musicale di stampo espressionista che raramente riesce a decollare da un declamato, spesso stentoreo, di disarmante monotonia. Due ore serrate, senza intervalli in cui, dai tentativi di approdare ad oasi liriche, pur nei momenti più appassionati e sofferti della vicenda, emergono qua e là linee di un canto che tuttavia è saldamente legato alla cupezza di fondo dell'impianto compositivo. Un lavoro di orchestrazione sapiente, ricco di spunti e di colori, non va però oltre l'illustrativo e non ci pare enfatizzi né i tratti psicologici né il senso del dramma.
Regia puramente didascalica; ottima la compagnia di canto in cui spiccano nella caratterizzazione i due interpreti principali, Daniel Okulitch e Tom Randle, e la direzione musicale di Titus Engel, nel gestire i colori e la concertazione di una partitura complessa e densa.
Interpreti: Daniel Okulitch, Tom Randle, Heather Buck
Regia: Ivo van Hove
Scene: Jan Versweyveld
Costumi: Wojciech Dziedzic
Orchestra: Teatro Real
Direttore: Titus Engel
Coro: Teatro Real
Maestro Coro: Andrés Máspero
Luci: Jan Versweyveld