Il fumettone di Violetta e Alfredo
A Bologna si è conclusa con “La traviata” la trilogia verdiana prodotta dall’Orchestra Senzaspine: nitida direzione di Tommaso Ussardi e allestimento in stile “graphic novel” di Giovanni Dispenza.
L’Orchestra Senzaspine è una realtà da tempo nota anche fuori Bologna, dove nacque quasi per caso nel 2013, imponendosi rapidamente quale fortunato ed efficientissimo caso di produzione musicale con spinta dal basso e vocazione dichiaratamente “popolare”. È notizia di poche settimane fa il distacco del co-fondatore Matteo Parmeggiani, subito dopo i festeggiamenti per il decennale; resta ora il solo Tommaso Ussardi alla guida di un’orchestra attestatasi ormai su livelli professionistici e della scuola di musica sempre più attiva che l’alimenta, nonché delle tante attività sul territorio cresciute attorno ad esse.
La nuova produzione dell’opera La traviata, andata in scena al Teatro Duse di Bologna, è il naturale completamento della popolare trilogia verdiana, dopo Rigoletto nel 2022 e Il trovatore nel 2023. Elemento di continuità è stato l’allestimento in chiave fumettistica di Giovanni Dispenza, con i disegni di Andrea Niccolai che scorrevano sullo sfondo, animati dal videomaker Daniele Poli, e i versi del libretto integrati direttamente nella scenografia proiettata, con l’effetto complessivo di un graphic novel. Iniziato timidamente con Rigoletto, l’esperimento ha trovato nella Traviata il suo pieno compimento, a discapito magari della gestione dei personaggi in carne ed ossa che, specie nelle scene solistiche, restavano un po’ abbandonati a loro stessi.
Il punto di forza è stato di certo la componente orchestrale, esattamente all’opposto di quanto accade in analoghe produzioni occasionali, esterne al circuito operistico ufficiale, e spesso fin nei cosiddetti teatri di tradizione. A completamento del progetto verdiano, il podio avrebbe dovuto essere verosimilmente assegnato a Parmeggiani; se n’è fatto invece carico Ussardi con una precisione e fermezza encomiabili, ottenendo dall’Orchestra Senzaspine il massimo del risultato possibile. La numerosità degli strumentisti comportava talvolta un suono sovrastante le voci; ma la colpa, in questo caso, sta soprattutto nella mancanza della buca orchestrale, in un teatro che, in passato, pur ospitava regolari stagioni operistiche (è l’unica sala in cui si sia mai esibita, a Bologna, Maria Callas).
In scena, com’è tradizione, cantanti giovani di livello diseguale. Superato l’ostacolo del primo atto, il soprano Elena Schirru si è appropriata della componente più lirica della parte canora di Violetta, ricevendo uno speciale applauso dopo «Addio del passato» (eseguito integralmente). Il tenore Marco Puggioni ha voce preziosa ma delicata: forse il peso della parte di Alfredo è al limite delle sue possibilità, ma è riuscito nondimeno a dominarla con risultato sufficiente. Possente, al contrario, la voce del baritono Enkhbold Ankhbayar, cui necessita invece curare con più attenzione il rigore ritmico dell’esecuzione.
Fra i comprimari, alcune cadute che andavano oltre l’accettabilità (con tutti i giovani cantanti più che dignitosi che attendono di metter piede in palcoscenico...). Una parola di elogio, invece, per i ballerini Silvia Fioravanti e Lorenzo Cervi, che hanno dato un senso al sempre imbarazzante divertissement spagnoleggiante del secondo atto. E bella prova anche del Coro Lirico Sinfonico Colsper diretto da Andrea Bianchi, ben superiore ad altri gruppi cui i Senzaspine si sono serviti in passato.
Pubblico, come sempre, perlopiù differente da quello che frequenta gli spettacoli operistici del Teatro Comunale cittadino, segno della preziosità di queste iniziative, capaci di allargare la curiosità per l’opera verso spettatori che ne resterebbero altrimenti estranei.
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