A Monaco l’altro Mazeppa
Al Prinzregententheater l’opera Mazeppa di Clémence de Grandval riesumata dal Palazzetto Bru Zane
Si dice Mazeppa e si pensa a Čajkovskij. Ma solo chi non fa i conti con il Palazzetto Bru Zane e la sua infaticabile equipe di ricercatori, che provano a riaprire il discorso recuperando un altro Mazeppa e per di più composto da una donna, Clémence de Grandval, una decina di anni dopo l’opera del più celebre collega russo. Per chi frequenta le proposte del Centre de Musique Romantique Française, il nome della compositrice non è una novità come quelli di molte sue colleghe donne oggetto da anni di un instancabile lavoro di recupero dopo un lunghissimo oblio. Nata nel 1828 da una famiglia aristocratica e aperta alle arti, da giovanissima Clémence de Reiset riceve lezioni di pianoforte da von Flotow e, dopo il matrimonio con il più maturo Charles-Grégoire de Grandval nel 1851, si dedica alla composizione sotto la guida di Camille Saint-Saëns, che sulle capacità dell’allieva userà parole lusinghiere: “Con tutte le opere di Berlioz e Grandval, il repertorio francese non ha nulla di cui vergognarsi”. Compone molta musica, non solo ma specialmente da camera, genere considerato più congeniale alla creatività musicale femminile, ma la sua vocazione è l’opera. Ne compone alcune nascondendosi sotto pseudonimi maschili: Le Sou de Lisle nel 1859, Piccolino una decina di anni dopo e quindi Mazeppa nel 1892, sua ultima grande composizione prima della morte nel 1907. Alla prima a Bordeaux nel 1892 Mazeppa è accolto bene anche dalla critica, che scrive: “Mme de Grandval è riuscita a rimanere sincera a se stessa senza adottare nulla della giovane scuola con le sue esagerazioni e senza conservare le vecchie tradizioni e uno stile passato di moda e con cui il gusto moderno non sarebbe compatibile.” Ma nonostante la buona partenza e l’impegno della sua autrice, l’opera non arrivò mai sui palcoscenici della capitale francese ma ebbe solo qualche ripresa ad Anversa, Marsiglia, Montpellier e Digione (1905) prima di sparire del tutto dopo la morte della compositrice.
Il protagonista è lo stesso dell’opera di Čajkovskij, ossia Ivan Mazeppa, ucraino di nascita, cresciuto alla corte polacca e quindi alto ufficiale delle truppe cosacche in Ucraina. Da fedele alleato dello zar Pietro I, Mazeppa non esitò a cambiare fronte per allearsi alla corona svedese in nome della difesa della nazione ucraina. Sconfitto dalle forze zariste a Poltava nel 1709 trovò rifugio nella Transnistria, allora sotto l’Impero Ottomano, dove morì nello stesso anno. Se il cambio di fronte gli costò la condanna definitiva nella storiografia russa, in Ucraina è assorto al rango di eroe nazionale, il che spiega probabilmente anche la rinascita di interesse per questa figura anche nel mondo musicale. Partendo dalla stessa fonte, cioè il poema narrativo Poltava di Aleksandr Puškin, non sono poche le differenze nei due lavori. A differenza del ritratto sfaccettato e complesso che ne fa Čajkovskij nella sua opera, il Mazeppa di Clémence de Grandval rimane molto più ancorato ai modelli dell’opera francese della seconda metà dell’Ottocento. Gli eventi storici rimangono sullo sfondo, mentre prevale l’intreccio tragico-amoroso fra il protagonista eponimo, scelto senza una vera ragione da Kotchoubey per guidare le truppe ucraine alleate dello zar contro i polacchi, e la figlia di quest’ultimo, Matréna. La decisione di Kotchoubey e ancor più i successi di Mazeppa, provocano il risentimento di Iskra, innamorato non ricambiato di Matréna, che mette in moto la macchina del fango nei confronti del rivale. La sorte gioca però a sfavore di Iskra e Kotchoubey, che vengono condannati a morte dallo zar. Per il dolore, Matréna impazzisce e muore fra le braccia di un disperato Mazeppa.
Se il libretto di Charles Grandmougin e Georges Hartmann non esce dai consueti cliché, la scrittura musicale rivela invece una mano sicura specie nella densità orchestrale, soprattutto nei raffinati interventi solistici (molto presente il corno inglese al quale è affidato una sorta di “leitmotiv” paesaggistico sul motivo della steppa, ma raffinatissimi sono anche gli assoli di oboe e soprattutto del flauto nel quarto movimento dei consueti balli nel quarto atto) e nei possenti interventi del coro. Il trattamento vocale è, invece, piuttosto convenzionale e soffre di una certa monumentalità, che ostacola lo scavo dei personaggi e frena lo sviluppo drammatico della vicenda.
Come dal Cinq Mars di Gounod del 2015 e per la decima volta, partner privilegiato per questo ripescaggio, destinato ad arricchire di un nuovo titolo la collana “Opéra français” dell’etichetta del Palazzetto Bru Zane, sono ancora una volta Orchestra e Coro della Radiotelevisione Bavarese diretti da Mihhail Gerts nell’unica rappresentazione in forma di concerto nel “bayreuthiano” Prinzregententheater del capoluogo bavarese. Nella brillante prova dei complessi della radiotelevisione bavarese del direttore estone la solida scrittura di Clémence de Grandval viene presentata in tutta la sua forza espressiva e in particolare nella musica di accompagnamento dei balli del quarto atto, che potrebbe ben figurare come pezzo da concerto. Altrettanto convincenti le prove degli interpreti vocali, alcuni dei quali sono presenze frequenti negli eventi del Palazzetto Bru Zane come il protagonista Tassis Christoyannis, che regale una linea di canto nobile al suo Mazeppa del tutto privo di tronfia retorica (e particolarmente riuscito nell’intimismo del terzo atto notturno). Unico ruolo femminile, Nicole Car è una Matréna appassionata e vocalmente svettante, come Julian Dran con il suo focoso Iskra, tutto spinto nella regione acuta affrontata con grande sicurezza tecnica. Ante Jerkunica è un Kotchoubey di notevole peso vocale, e Paweł Trojak l’Archimandrite che rivela un talento degno di ruoli maggiori.
L’evento attira un folto pubblico, che risponde con calore a questa novità dal passato.
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