Codici medievali in concerto
Bianchi e Frana per la Fondazione Pietà de’ Turchini
Tra novità e conferme, concerti di ricerca e riprese di titoli capolavoro, tra strumenti sperimentali e interpreti diventati ormai classici della scena antica e barocca, la Fondazione Pietà de’ Turchini chiude mercoledì 14 dicembre, la rassegna “A corde spiegate – meditare con i suoni”, con la consulenza artistica di Simone Vallerotonda, in equilibrio tra medioevo e antico. Peppe Frana al liuto medievale e chitarrino insieme a Federica Bianchi al clavisimbalum, in tournée del disco “Crisalide” uscito per NovAntiqua Records, esplorano l’interazione tra questi strumenti nell’interpretazione dei repertori del XIV e XV secolo. Due voci strumentali splendide, inscalfibili, perfette sul repertorio e dominatrici sonore del suggestivo spazio della Chiesa di San Rocco a Chiaia: Bianchi e Frana, sembravano ideati apposta per queste pagine dei vari codici medievali; Faenza, London ecc. a secoli di distanza dalla loro creazione. Scavati nel suono con tensione affettiva, e in contrasti che si sprigionano in diminuzioni e cadenze sfogate ma centellinate, come in Costantia e Biance Flour.
Da un lato, il tocco di Bianchi, mai corto sui tempi, dal timbro soave appena un po’ duro nelle parti più acute; dall'altro il chitarrino di Frana, coi fraseggi morbidi, di velluto e bravura, e profondi, si, ma solo se previsti come nel Magnificat Sexti Toni(C. Pauman). In mezzo: il dialogo in canone tra i due strumenti, attento alle formule della retorica, di speciale sensibilità e risorse espressive che reinventano una prassi cristallizzando un repertorio che ogni attimo sembra sfuggente. I due danno il meglio nei fraseggi quasi eterofonici creando una sonorità fluida di fondo, senza spigoli ed impeccabile. Si ruba poco, si danza, salti agli attacchi, poi tinte diverse per passaggi a contrasti di atmosfere più cupe e maliose. Quanta arte in questa musica sempre sui tempi: bella, fresca.
Il liuto di Frana, molto comunicativo, passando da ritmi più serrati con focosi fortissimi a più leggeri abbellimenti - ma che pathos quei crescendo misurati nelle Istampitte (Tre fontane e Isabella) che poi svaniscono. Bianchi qui dissacra quasi la retorica modale della partitura, mira all'elegante ed allo smerigliato. Il pubblico stregato dall'incedere quasi arioso dei due strumentisti, a tratti cantilenante, e in fase di estremo virtuosismo. Chi se non la squadra dei Turchini può osare serate così arcaiche, dirompenti e in controcorrente.
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