Spontini inedito

Dopo duecentoventiquattro anni I quadri parlanti a Jesi 

Quadri parlanti
Quadri parlanti
Recensione
classica
Teatro Pergolesi, Jesi
Quadri parlanti
29 Novembre 2024

Tra le molte iniziative messe in essere dalla Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi per celebrare l’anno spontiniano – concerti, conferenze, un nuovo allestimento della Vestale in ottobre, perfino un film sulla vita del compositore – spiccano I quadri parlanti, “commedia per musica”, come appare indicato sul frontespizio del libretto, o “dramma giocoso per musica”, come invece appare nella dedica  al re di Napoli Ferdinando III, nata dalla penna del giovane Spontini che si credeva perduta e che invece è tornata alla luce un po’ per volta: prima il libretto, ritrovato negli anni '90 nella biblioteca musicale dell'Università di Berkeley,   e poi il manoscritto musicale autografo,  emerso nel 2016 nella biblioteca del Castello d'Ursel ad Hingene nelle Fiandre, in Belgio.

Nel Castello furono, in quella occasione, ritrovati quattro manoscritti autografi spontiniani, relativi alle partiture - ritenute scomparse - di tre opere e una cantata: oltre ai “I quadri parlanti” del 1800,  il dramma giocoso “Il Geloso e l’audace” del 1801 (Palermo), la farsa giocosa “Le metamorfosi di Pasquale” del 1802 (Roma) e la cantata “L’Eccelsa gara” del 1806 (Parigi). 

Dunque una prima esecuzione in epoca moderna, nella revisione critica di Federico Agostinelli per le Edizioni Fondazione Pergolesi Spontini (che ha già allestito negli anni passati altre due opere giovanili di Spontini, Li puntigli delle donne nel 2008 e La fuga in maschera nel  2012, Le metamorfosi di Pasquale del 2018) di un’opera che andò in scena nella primavera del 1800 forse per la prima e unica volta al Teatro di Santa Cecilia a Palermo e che appartiene all’insieme delle opere giovanili di scuola napoletana; opere che pur non presentando le grandi innovazioni introdotte nel periodo francese rivestono comunque un’importanza storica e musicologica. 

E, aggiungiamo, musicale, perché l’opera è godibilissima, nel suo intreccio fatto di equivoci, travestimenti,  sotterfugi messi in atto dalle solite servette furbe e smaliziate ai danni di padroni attempati, brontoloni, e un po’ lenti di comprendonio. Il libretto è infarcito degli stilemi tipici dell’opera buffa settecentesca: scioglilingua, parti in dialetto napoletano, “a parte”, rime tronche, versi brevi, perfino parti in un improbabile spagnolo che si può immaginare destassero molta ilarità nella Palermo borbonica del primo 800. La musica è particolarmente interessante nei pezzi di insieme, come nel sestetto “Che faccio?...Che dico?...”, che è un largo di stupore che vede i personaggi storditi e tremanti , o nel concertato di confusione del finale del primo atto che descrive la “orribile tempesta” che “si desta nella testa”. Notevole anche il duetto dei buffi “Già sento l’estr”o, mentre le arie appaiono più convenzionali, con punte di bella cantabilità come in “Zeffiretti e ruscelletti” di Chiarella accompagnata da un grazioso andamento ondeggiante dell’orchestra. 

All’ascolto del libretto e della musica molti sono stati i “déjà entendu”, perché affioravano alla memoria pagine mozartiane e rossiniane arcinote, evidentemente modelli della partitura spontiniana, nel caso di Mozart, o a loro volta modelli nel caso di Rossini. Come non pensare a Nozze di Figaro con un inizio in cui l’anziano Don Bertoldo sta facendo i conti? O con un’aria a tempo di marcia per evocare l’artiglieria spagnola  e poi ballare il fandango? E al Barbiere rossiniano con la cavatina di Don Bertoldo che elenca  le proprie qualità e ciò che sa fare? Quindi ci è parso di cogliere, curiosamente, qualcosa di più delle semplici convenzioni dell’opera buffa. 

Il cast era composto da giovani interpreti, tutti a loro agio nei vivaci caratteri dei personaggi  e sicuri vocalmente: Chiarella, soprano, governante di Don Bertoldo, vecchia amante di Menicuccio e spasimante di Belfiore, era Martina Tragni; Menicuccio, baritono, parte in dialetto napoletano, era Davide Chiodo; l’anziano Don Bertoldo, baritono anche lui, innamorato di Chiarella era Alfonso Michele Ciulla;  Capitan Belfiore, tenore, innamorato di Rosina Giuseppe Di Giacinto;  Rosina, soprano, nipote di Don Bertoldo,Michela Antenucci; Bettina, soprano, serva amante dell’Abbate, Giada Borrelli; l’ Abbate/Falloppa, tenore, Francesco Tuppo.

Tra le parti vocali quella di Chiarella, in prevalenza sul registro acuto, era senz’altro la più impegnativa per numero di arie, presenza sulla scena e agilità richieste, ben sostenute dalla Tragni, brava anche nella interpretazione attoriale della furba e petulante governante; belle voci anche quelle di Michela Antenucci e Giada Borrelli.  I ruoli maschili, di vocalità più sillabica, sono stati tutti apprezzabili per qualità delle voci e doti interpretative. 

 

L’allestimento, con la frizzante regia di Gianni Marras, era a cura di  Alessandra Bianchettin per le scene e di Asya Fusani per i costumi, entrambe giovani vincitrici della IV edizione del Concorso dedicato a Josef Svoboda “Progettazione di Allestimento scene e costumi di Teatro Musicale” riservato a iscritti al Biennio di Specializzazione in Scenografia delle Accademie di Belle Arti di Macerata, Bologna, Venezia, Carrara, Bari e Brera.

Una scena coloratissima, con costumi in stile settecentesco, ma rivisitati in chiave pop, dalle tonalità accese e contrastanti e coordinati con scarpe da ginnastica; al centro del palcoscenico una struttura cubica, ruotante e multifunzionale con porte e finestrelle (da cui si affacceranno alla fine i personaggi che porteranno allo scioglimento della commedia, sostituendo il proprio volto a quello del dipinto che li ritrae e dando significato al titolo dell’opera) a creare i vari ambienti, i cui  arredi disegnati, insieme alla mimica facciale e corporea molto accentuate, esasperavano l’effetto di finzione teatrale.

 

Molto efficace la direzione di Giulio Prandi sul podio del Time Machine Ensemble, compagine che spesso ha lavorato per la Fondazione Pergolesi Spontini. Prandi, laureato in matematica e fondatore del Coro e Orchestra Ghislieri, ha dedicato parte della propria carriera alla riscoperta di opere rare o inedite proprio come I quadri parlanti di Spontini, che necessitano proprio perché fuori repertorio un attento lavoro di lettura e concertazione,  impeccabili in questa esecuzione.

 

Grande festa alla fine dello spettacolo per la riscoperta dell’opera spontiniana in occasione dei 250 anni dalla nascita del compositore; festa accresciuta dal compleanno anche di Prandi, a cui orchestra e cantanti hanno fatto gli auguri al suo ingresso in palcoscenico.

 

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