Ballo con battaglia
La grande prova di Ramón Vargas; lettura controversa di Denis Krief
Recensione
classica
Serata accesa al Teatro Comunale di Bologna, per la nuova produzione del "Ballo in maschera", opera che appare per la terza volta in pochi anni (per la seconda sotto la direzione di Daniele Gatti), e che può trovare quindi una sua giustificazione soltanto in una riproposta carica di nuovi significati. Ebbene, la recita non è certo passata inosservata. In breve la cronaca. Pubblico sostanzialmente inerte nel corso dell'atto primo, tranne un manipolo di esagitati decisi ad applaudire tutto e tutti, inopportunamente e oltre misura. Mugugni nell'intervallo; se ne sente un po' per ognuno: per la direzione, per il soprano e soprattutto per l'allestimento. Durante l'atto secondo cessano i plaudenti e cominciano i vocianti, che attaccano la primadonna, mentre i malumori crescono nell'intervallo. Ovazioni infine accolgono le tre grandi arie dell'atto terzo, con un successo strepitoso indirizzato al tenore. La battaglia scoppia decisa durante la passerella finale, fra applausi e dissensi rivolti all'uno e all'altro, con particolare clamore all'uscita del regista. Di fronte a un esito così disunanime, il recensore diviene uno fra i tanti, e la sua critica una mera opinione personale. Come tale venga letta. Segnalo innanzitutto la prova superba di Ramón Vargas: elegante vocalmente e assai spigliato sulla scena, delinea appieno la leggerezza di carattere del personaggio; ma non solo: difficile è oggi sentir cantare meglio "Ma se m'è forza perderti", segno che la vocalità rossiniana delle origini ha maturato accenti da tenore lirico pienamente espressi. Discontinua le prestazione di Andrea Gruber, originariamente prevista in seconda compagnia, ma subentrata nel debutto a Daniela Dessì. La voce è importante, piena e squillante negli acuti, ma non sempre controllata: esecuzione in progressiva ascesa, cominciata con una sortita davvero imbarazzante e culminata con un "Morrò, ma prima in grazia" di grande suggestione vocale e interpretativa. Discorso analogo per Carlo Guelfi, baritono di consolidata esperienza: la voce è enorme, e diviene tracotante, con fastidiosi effetti di birignao, là dove decida di fare il "cattivo", ma sa colpire nel segno quando si abbandona a sentimenti più intimi. Generosa la vocalità di Mariana Pentcheva messa al servizio di Ulrica; impeccabile Cinzia Forte nella parte di Oscar; al di sotto della decenza alcuni dei comprimari. Daniele Gatti cerca continuamente soluzioni originali: molti tempi sono staccati assai più lenti di quanto siamo soliti sentire, talvolta con bell'effetto; certi impasti orchestrali vengono screziati per far uscire questo o quello strumento in misura inusitata; alcuni passi enfatici risultano smussati in favore di tinte più contenute; si operano scelte controcorrente, come quella di eliminare il coro di bambini, sostituito dalle donne. Ed eccoci, infine, al fattore visivo. Denis Krief torna a Bologna dopo un'assai discussa "Linda di Chamounix". Questo nuovo allestimento è di quelli che si potevano vedere in Germania negli anni ottanta: Impianto fisso senza luogo né tempo, con due pareti gigantesche che corrono ai lati del palcoscenico, l'una di legno bianco simboleggiante le abitazioni, l'altra di zinco ad evocare le mura perimetrali della città. Nello spazio che intercorre al loro interno si svolge l'intera azione, i cui diversi ambienti vengono evocati dalle suppellettili di turno: una scrivania per lo studio del re, tronchi abbattuti per l'orrido campo, due poltrone e un tavolino per il salotto buono di Amelia e Renato. L'ossimoro sta fra l'asetticità dell'impianto scenografico e l'iper realismo dei pochi arredi (la scrivania è dichiaratamente d'antiquariato, i tronchi sono veri tronchi d'albero). Di grande asciuttezza anche i costumi, che vedono tutti gli uomini in semplicissima divisa militare, le donne in abiti scarsamente connotati. Nessuna comparsa, nessun mimo. Il resto è prodotto con accorti giochi di luce, che modificano gli spazi in senso espressivo. I movimenti dei personaggi sono spesso ironici, talvolta iperstilizzati, come nella scena del ballo, particolarmente efficace, ma del tutto irreale. E' insomma una lettura che tenta di dire qualcosa di nuovo, e in qualche caso vi riesce pure, ma difficilmente può accattivarsi il pubblico italiano, perlomeno quello che sogna ancora "Un ballo in maschera" dove gli interni si differenziano dagli esterni, il giorno dalla notte, i nobili dal volgo.
Interpreti: Andrea Gruber, Ramón Vargas, Carlo Guelfi, Mariana Pentcheva, Cinzia Forte
Regia: Denis Krief
Orchestra: Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Direttore: Daniele Gatti
Coro: Coro del Teatro Comunale di Bologna
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