Profughi, rifugiati e vagabondi
Diamanda Galàs evoca dolore e desiderio di sopravvivenza dei reietti di tutto il mondo
Recensione
jazz
La voce potente, viscerale e sconfinata di Diamanda Galàs ha inondato per un’ora e mezza gli spazi dell’Auditorium di Milano. “The Refugee” è il titolo dello splendido concerto tenuto domenica 11 settembre e dedicato agli outsider, cioè a tutti coloro che vivono in prima persona il disagio, l’emarginazione e la dissoluzione della propria individualità, nelle pieghe oscure di una società globale basata su dinamiche e motivazioni tutt’altro che umane. Seduta al pianoforte, la Galas ha spaziato tra brani suoi (“Si La muerte”, “The Desert”, "In despair") e altrui: una selezione di pezzi scritti da Mohamed Abdel Wahab (Egitto), Lefteris Papadopoulos (Grecia), Mara Yekmalian (Armenia) e anche delle improvvisazioni di seguiriyas andaluse di Pastora Pavón e Camarón de la Isla). Una performance calibrata e intensa, a tratti ipnotica, strutturata in modo da avvolgere ed emozionare l’intera audience, sia chi aspettava con trepidazione le asperità di “Schrei X” (1996), sia chi desiderava essere investito dal calore blues di “La Serpenta Canta” (2003). Nessuna concessione alla teatralità che, in passato, caratterizzò le esibizioni live della cantante: vestita con tenebrosa sobrietà, Diamanda Galàs ha concentrato ogni sforzo sulla voce e sul pianoforte, suonato in modo impeccabile. Unica, piccola e apprezzata variazione sul tema: una divertente gag sulle bottigliette d’acqua, che non arrivavano dal retropalco e che sono state generosamente fornite dal pubblico, mentre la vocalist ripeteva “Acqua! Acqua!”, stabilendo un ulteriore canale confidenziale di comunicazione tra ascoltatori e artista. Un concerto notevole, che i presenti hanno applaudito con gioia.
Interpreti: Diamanda Galàs (voce e pianoforte)
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